Roma - Non intende vestire i panni del candidato «comodo» per Matteo Renzi, ma neppure è a proprio agio nei panni di capo della minoranza. Andrea Orlando, scuola vecchio Pci dalemiano (cioè togliattiano), non prende l'ipotesi in considerazione: «Se mi dovessi candidare lo farei per guidare il Pd e non l'opposizione interna», ammette.
Di sicuro non vorrebbe dare l' impressione di temere il ritorno in campo Pd del massiccio Michele Emiliano. «Non baso la mia scelta sulle altre candidature», spiega il Guardasigilli che però, dopo essersi proposto come campione dell'unità del partito, ora prende tempo, riflette. Arrivare terzo proprio no. E dunque ieri sollecitato dai giornalisti a confermare la sua candidatura Orlando frena. «Non ho ancora deciso se candidarmi, sono felice del ripensamento di Emiliano e spero altri seguano il suo esempio. Ho messo in campo la mia candidatura per evitare la scissione, ora il problema lo abbiamo ridotto».
Un rallentamento che però non gli impedisce di continuare a costruirsi comunque il ruolo di leader della sinistra interna con l'eventuale merito di riuscire a trattenere nel partito, a prescindere dalla corsa alle primarie, qualcuno di quelli che invece aveva già un piede fuori. Perché «gli addii addolorano ma poi bisogna andare avanti e parlare al Paese», dice ancora Orlando che, per frenare l'emorragia, punta a dare rappresentanza concreta alle tante minoranze che hanno preso fino ad ora troppi ceffoni da Renzi. Specie da quando gode dell'appoggio incondizionato di Giorgio Napolitano che, secondo la vulgata, sarebbe pronto ad affidargli la «supervisione» sul tesoro del Pci, finora gestita dall'ex tesoriere Sposetti. «Una balla - smentisce una volta per tutte la ricostruzione sparata da Repubblica -. Una cosa non vera, non sono il titolare di nessun patrimonio».
Nella battaglia interna, al fianco del Guardasigilli, si sono già schierati l'ex ministro Cesare Damiano e Gianni Cuperlo. Quest'ultimo vede in Orlando la possibilità di imprimere una linea diversa, opposta a quella perseguita da Renzi fino a ieri. Pronti a schierarsi al suo fianco ci sarebbero una decina di senatori e una trentina di deputati. Orlando si schermisce ma questo non significa che non stia lavorando già alla definizione di un programma e soprattutto alla scelta di una cifra stilistica lontanissima da quella di Renzi: calma e disponibilità al dialogo al posto di aggressività e rifiuto al confronto. Stile sfoggiato ieri alla presentazione del suo blog Lo Stato presente dove ha parlato della necessità di «ricostruire una cultura politica» per contrastare populismi e nazionalismi.
Quello che conta, afferma, più delle persone e più dei leader sono i temi e le grandi questioni della sfera pubblica alle quali occorre dare risposte, concludendo con una inaspettata citazione di Franco Califano: «Se non riusciamo a rispondere, tutto il resto è noia».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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