Orso d'Oro alla pellicola italiana dedicata al dramma degli sbarchi

Pedro ArmocidaGli avevano commissionato un cortometraggio di 10 minuti. Poi il regista Gianfranco Rosi a Lampedusa ci è rimasto più di un anno infilando in 108 minuti ore e ore di girato. E ora, «Fuocoammare» (da un brano strumentale lampedusano), è giunto nel cuore più ricco d'Europa portando a casa uno dei premi più prestigiosi al mondo, l'Orso d'oro al festival di Berlino. La cosa eclatante è che Rosi nel 2013 con «Sacro GRA» aveva vinto il Leone d'Oro al festival di Venezia, una doppietta che era riuscita solo a Michelangelo Antonioni. La non piccola differenza è che Gianfranco Rosi fa un cinema che un tempo si sarebbe definito «documentario» e che oggi viene chiamato «cinema del reale». Rosi va in giro con la sua macchina da presa e riprende la vita di quelli che diventano i suoi personaggi. Ecco quindi le storie che si intrecciano del piccolo Samuele, 12 anni, che si fa insegnare da un pescatore giramondo come riuscire a superare il mal di mare. Poi piano piano il film si popola degli altri isolani, il dj della radio locale, un misterioso e silenzioso sub che si immerge per pescare ricci e patelle, il medico di base che cura tutti. Anche quelli che arrivano dall'al di là. I tanti migranti che dalle coste africane scappano dalle guerre e dalla miseria e arrivano nel Sud più a Sud d'Italia. Il regista filma tutto, i morti nelle stive dei barconi, i migranti che rantolano, morenti. Immagini che provocano imbarazzo non tanto per la loro tragicità ma perché tecnicamente perfette, armonizzate con tutto il resto in postproduzione. Una scelta che lascia l'interrogativo se sia giusto o meno trattare le immagini di persone che stanno morendo alla stregua di tutte le altre che sono di finzione. Qualcuno dirà che sono dettagli, quello che conta comunque è la metafora di Lampedusa centro dell'Europa perché, come recitava la poesia di John Donne, «nessun uomo è un'isola, non chiedere mai per chi suona la campana: essa suona per te».

Naturalmente questo aspetto dei migranti è quello che più ha colpito sia la giuria del festival di Berlino presieduta da Meryl Streep che in generale tutta la stampa internazionale che ha accolto trionfalmente il film. Sono anni che la kermesse tedesca punta molto sui temi sociali e «Fuocoammare» oltre a essere un bel film, si è trovato al posto giusto nel momento giusto.

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