
Pace e fiscale e pace edilizia per mettere in campo 200 miliardi di euro per far ripartire l'economia messa in ginocchio dalla pandemia di Covid-19. È la proposta che il leader della lega, Matteo Salvini, ieri ha sostanziato in un'intervista al Giornale e ha ribadito in una conferenza stampa a Montecitorio.
Ma quanto gettito si potrebbe recuperare per finanziare la ripartenza dell'economia in assenza di una condivisione del debito a livello di Unione europea? Bisogna partire dagli ultimi dati certi forniti dal direttore dell'agenzia delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini, un paio d'anni or sono. Su un totale di 871 miliardi circa da riscuotere (il cosiddetto «magazzino») solo 450 miliardi sono più o meno aggredibili e di questi recuperabili circa 84 miliardi. La pace fiscale del governo gialloverde avviata tra 2018 e 2019 ha già consentito il recupero di 25 miliardi circa, ma lo stock si può considerare sostanzialmente inalterato poiché al Dipartimento del Tesoro risulta ogni anno un tax gap (quella che comunemente si chiama «evasione») fiscale e contributivo di 110 miliardi di euro.
«Si possono mettere in cassa almeno 100 miliardi con un'amnistia fiscale ed edilizia che riproponga il modello seguito dal governo Berlusconi nel 2002-2003», commenta Gianluca Timpone, esperto fiscalista. In pratica, occorrerebbe inserire nel novero della pace fiscale: le cartelle esattoriali, il contenzioso tributario, gli asset non denunciati detenuti all'estero, gli avvisi bonari e accertamenti con adesione nonché le acquisizioni di quote societarie e di immobili strumentali a uso personale. In questo modo, osserva Timpone, «a fronte di una percentuale predeterminata che copra ruoli, sanzioni e interessi, si potrebbero incassare tra i 70 e gli 80 miliardi di euro cui si potrebbero aggiungere una ventina di miliardi sul fronte edilizio». Secondo alcuni report, giacerebbero all'Agenzia delle Entrate (che ora ricomprende anche il catasto) oltre 5 milioni di pratiche di condono edilizio avviate tra il 1994 e il 2003 per un valore di 21,7 miliardi.
Nell'ipotesi ottimale di un incasso di un centinaio di miliardi, mancherebbe all'appello una cifra analoga per conseguire quei 200 miliardi per non gravare troppo sul deficit e, di conseguenza, sul debito pubblico rendendolo insostenibile. «La proposta della Lega - e lo ribadiremo a Conte - è una emissione straordinaria di buoni del Tesoro destinati agli italiani con delle fiscalità vantaggiose, con aiuti per chi sottoscriverà questi titoli di guerra. Preferisco indebitarmi con gli italiani, mettendo a garanzia la Bce», ha detto ieri Salvini. Si tratterebbe, in pratica, di un prestito forzoso: gli italiani acquistano i buoni di guerra con un'aliquota di vantaggio e una cedola certa e il risparmio privato viene in qualche modo messo a garanzia del debito pubblico. A differenza della patrimoniale, questa soluzione sarebbe sicuramente meno antipatica e, a fronte di un'adesione massiccia, metterebbe meno a repentaglio le attività produttive e i consumi di un'imposta che colpirebbe indiscriminatamente i patrimoni come, ad esempio, l'Imu.
Per facilitare la ripartenza, infine, Salvini ha chiesto l'introduzione di
«una zona esente da tasse anche per la prima zona rossa; penso anche a Milano, la locomotiva d'Italia», ha sottolineato ribadendo la necessità di abrogare plastic e sugar tax che farebbero perdere 30mila posti di lavoro.