Se una partita di calcio si gioca ci sarà un vincitore e un perdente (a meno che non si pareggi). Se invece non si gioca perdono tutti. È quello che accade in Israele, dove è stata annullata l'amichevole premondiale tra l'Argentina di Messi e Higuain, una delle nazioni favorite a Russia 2018, e la nazionale locale. Il match si sarebbe dovuto disputare sabato allo stadio Teddy Kollek di Gerusalemme e la scelta del luogo ha fatto infuriare i palestinesi, che vi hanno letto un'ulteriore legittimazione della città che di recente il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha voluto riportare al ruolo di capitale spostandovi la sede dell'ambasciata prima a Tel Aviv.
I palestinesi non si sono limitati alle proteste. Domenica scorsa la Federcalcio palestinese ha chiesto a Lionel Messi di non scendere in campo, esortato i fan del mondo arabo a bruciare poster e magliette suoi in caso di rifiuto di cedere al ricatto. «Da quando hanno annunciato che avrebbero giocato in Israele - ha detto la ministra israeliana per lo Sport Miri Regev - gruppi terroristici hanno inoltrato ai giocatori argentini e ai loro congiunti messaggi e lettere, includendo chiare minacce che avrebbero colpito loro e le loro famiglie, con immagini video di bambini morti». Così i giocatori dell'albiceleste, primo tra tutti il cinque volte Pallone d'Oro, hanno chiesto lo sbianchettamento della partita, attesa in Israele al punto che i 34mila biglietti erano andati esauriti in pochi minuti dopo essere stati messi in vendita. A salvare il match non è servita nemmeno la telefonata di Benjamin Netanyahu, presidente di Israele, al collega argentino Mauricio Macri.
Naturalmente i palestinesi hanno cantato vittoria, incensando i giocatori argentini per quello che loro hanno in malafede interpretato come un endorsement alla loro causa: «È una vittoria per lo sport - ha esultato Jibril Rajoub, presidente della federcalcio palestinese - se la gara si fosse giocata ad Haifa, come previsto inizialmente, non avremmo mai contestato». Lo sport, ha aggiunto Rajoub, «non dovrebbe essere uno strumento politico o di ricatto politico». Una frase decisamente sfacciata. Ma va detto che Rajoub è in lizza come possibile successore del presidente Abu Mazen e sta giocandosi la carta più importante della sua campagna elettorale. «Non lo dimenticheremo mai, sono campioni di umanità», ha detto invece il presidente della Federazione palestinese in Sud America, Rafael Araya Nasri.
Delusi e arrabbiati gli israeliani.
«È un peccato - ha twittato il ministro della Difesa israeliano Avigdor Lieberman - che l'élite calcistica argentina non sia stata in grado di resistere alla pressione di coloro che predicano l'odio verso Israele». Ad alimentare il gioco delle parti anche il fatto che la federazione argentina (l'Afa) non abbia dato spiegazioni sul no alla partita che tutti hanno perso.
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