Sta' sereno, Paolino. Di più: serenissimo devi stare. Diciotto passate da una manciata di minuti, il premier incaricato è da una mezzora nello Studio alla Vetrata del Quirinale. Non esce. Qualcosa non va, c'è un intoppo. Si diffonde l'ultima notizia storta di una giornata già difficile: Verdini non ci sta, si sfila. Buon naso, buone orecchie? Di certo, cattivissimo segno. Non c'è tempo per riflettere, piomba sull'iPhone il pizzino che dà l'ostia al moribondo. «Buon lavoro a Paolo Gentiloni e al Governo. Viva l'Italia». Firmato: Matteo (Diaz) Renzi.
Dopo tanto penare, il governo nasce morto. Con l'estrema unzione di Orfini, che vaticina un fine pena prima della fine della legislatura. A voler peccare d'ottimismo, sarà tenuto in incubatrice dalle «amorevoli» cure di Maria Etruria Boschi e Luca Lotti. Le due infermiere che per non farsi torto a vicenda, controllarsi e controllare, staranno culo e camicia, separati in casa a Palazzo Chigi. Sottosegretaria e ministro al Telecomando: vince la femmina, naturalmente, che spunta il ruolo più in vista; al fratellino caro solo lo Sport (con delega ai rigori negati alla Fiorentina).
È la faccia del premier Gentiloni a smorzare qualsiasi entusiasmo, anche dei familiari e di chi gli vuole bene (potremmo annoverarci tra costoro). Più spento del solito, più svuotato d'un estintore dopo l'incendio. Anche quando, durante il rito della campanella, un Renzi ancora in vena di show, gli ha consegnato sorridente una felpa di solidarietà con i terremotati di Amatrice. Fino a ieri, c'era persino qualche lumino acceso, da buona cultura dc. Ricordate le parole del presidente Mattarella, l'altro giorno? Frasi di rito, misurate e precise come sempre, più un geniale dettaglio sui compiti di un nuovo governo, «un governo nella pienezza delle sue funzioni: vi sono di fronte a noi adempimenti, impegni e scadenze che vanno affrontati e rispettati...». Dopo l'accenno all'armonizzazione della legge elettorale, «vorrei ribadire che, tra i punti in primo piano, vi è quello che riguarda il sostegno ai nostri concittadini colpiti dal terremoto e l'avvio della ricostruzione dei loro paesi...». Frase-chiave che assegna a un esecutivo un orizzonte temporale che varia da un anno ai 49 della ricostruzione del Belice. Segnale colto da chi doveva cogliere. Così Gentiloni, ricevuto l'incarico: «Cercherò di accompagnare e facilitare il lavoro delle forze parlamentari per definire con necessaria sollecitudine una nuova legge elettorale». Tradotto: tocca al Parlamento farla, io cercherò.
Tutti i sogni muoiono all'alba. Quello di Gentiloni al Vespro. Quando è costretto ad attendere che Renzi parli alla Direzione Pd prima di poter andare al Quirinale per risolvere gli ultimi rebus sui ministri e sull'appoggio di Verdini (che deve aver sentito l'amico Matteo, poco prima di sottrarsi). E difatti la fotocopia di governo esce fuori plumbea, i rimaneggiamenti ridotti all'osso, la Giannini l'unica a rimetterci le penne. L'intervento del Capo pidì non ha lasciato scampo. «Serve un cambio di rotta o si muore. Congresso con gli iscritti e le primarie», dice, dando addirittura per scontato che «c'è un appuntamento imminente con le elezioni, che noi non temiamo». Muso duro con chi si contrappone: «Le discussioni autoreferenziali che alcuni hanno cercato di portare anche in questa sede con noi non sfondano».
Infine, rivendicazione politica, che rischia di essere anche la pietra tombale sotto la quale Renzi vuole esser seppellito. «Se il 59% è un voto politico allora lo è anche il 41. Prima di noi, gli altri segretari se lo sognavano col binocolo». La via Crucis di Paolino comincia. Da buon catechista samaritano, già spera nella Resurrezione.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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