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Parigi, aria di vendetta: "Stretta sui social e via l'artista russo"

Il partito di Macron chiede di allontanare Pjotr Pavlenski e controlli serrati su Internet

Parigi, aria di vendetta: "Stretta sui social e via l'artista russo"

Alexandra De Taddeo, la donna di 29 anni che ha ricevuto i video hard dall'ormai ex candidato di En Marche a sindaco di Parigi, ieri è stata incriminata per «violazione della privacy» e «trasmissione senza consenso di immagini a carattere sessuale». Piantonata a domicilio, la partner dell'attivista russo Pjotr Pavlenski è sospettata d'essere alla base della diffusione della chat: quella in cui Benjamin Griveaux si masturbava per lei aggiungendo frasi in contraddizione rispetto a una campagna per l'integrità familiare.

Alla De Taddeo è stato vietato ogni contatto con Pavlenski: il russo 35enne rivendica la pubblicazione dei video a luci rosse per denunciare l'ipocrisia del fedelissimo di Macron, «che si presentava come icona di tutti i padri e i mariti di Parigi».

La risposta dell'Eliseo non si è fatta attendere. I social e l'anonimato online sono stati subito identificati dal partito presidenziale come i veri responsabili del Griveaux-gate, e l'integrità del malcapitato difesa dal partito. «Internet porta a devianze supportate dall'anonimato, come la calunnia o la diffamazione», tuona Bruno Bonnell, deputato Lrem. Linea condivisa da buona parte della classe politica dell'arco repubblicano. Per Eric Woerth, onorevole ed ex ministro gollista (Les Républicains), l'anonimato è semplicemente «un orrore». Perfino intellettuali come Plantu, storico vignettista del Monde, spiegano che i social network e l'atto di mascherare la propria identità online dovrebbero essere messi nella spazzatura, perché minacciano la democrazia.

Tuttavia, la volontà di En Marche di rafforzare la legge del 2016, che prevede una pena detentiva di due anni e una multa di 60mila euro per chi viola la privacy on line, assume inevitabilmente il sapore di una vendetta dell'Eliseo, a fronte dell'attacco a un uomo di partito; i video che hanno portato alla fine di Griveaux sarebbero infatti esistiti anche senza i social.

I marcheurs rincorrono invece la stretta sull'anonimato online, anche se l'artista russo ha messo nome, cognome e faccia sullo sputtanamento che ha definito «arte politica». Al punto che, «se c'è una cosa da fare, è metterlo su aereo diretto in Russia e vedrà con Putin se potrà fare questo genere di stronzate», dice Bruno Questel (Lrem) chiedendone l'espulsione dalla Francia.

Pavlenski ha perfino firmato la maggior parte degli articoli sul sito con altre due persone. Tutti col vero nome. Ciò non ha impedito a funzionari e all'avvocato Eric Dupont-Moretti (legale di vari jihadisti, per questo minacciato on line), di chiedere misure contro «l'anonimato sui social». I deputati Lrem stanno quindi lavorando a «un'iniziativa legislativa» per «migliorare» il testo del 2016 già «dalla prossima settimana».

Più cauto, il governo: «L'attuale crisi, come altre, pone domande sul rispetto dello stato di diritto in un mondo digitale», chiarisce il Segretario di Stato con delega ad hoc, Cédric O.

L'obiettivo è preservare la tenuta della democrazia. Ma la fine dell'anonimato (che spesso è solo «pseudonimato») è una lotta probabilmente vana che per Macron potrebbe rivelarsi controproducente.

A differenza di altri scandali, come la diffusione di e-mail dalla sua campagna 2017, i video del «pupillo» hanno infatti poco a che fare con l'anonimato.

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