Governo e presidente le stanno provando tutte, tranne cancellare definitivamente il caro carburante, per evitare che domani, quarto sabato della rabbia dei gilet gialli, si trasformi in un'altra giornata di devastazione a Parigi. Ma la situazione è ad altissimo rischio, a Parigi e non solo. Nella capitale, la Tour Eiffel resterà chiusa proprio per l'impossibilità di garantire la sicurezza. E così anche l'Opéra, musei e negozi sugli Champs-Elysées. Rinviate anche le cinque partite del campionato Ligue 1 che si sarebbero dovute disputare nel weekend. E dispositivo di sicurezza rafforzato: 89mila agenti dispiegati in tutta la Francia (erano 65mila lo scorso week-end), di cui 8mila solo a Parigi, e 12 blindati. «Mezzi eccezionali» per far fronte alla prevista guerriglia urbana, che potrebbe farsi esplosiva anche a causa della coincidenza con la marcia ambientalista per il clima nella capitale e in altre 140 città francesi.
Il portavoce dell'esecutivo Benjamin Griveaux ha chiesto aiuto a forze politiche e sindacali e ai datori di lavoro perché lancino un appello alla calma: «Non si tratta più di opposizione politica ma di opposizione alla Repubblica». Il premier Philippe, che 24 ore prima ha esteso a tutto il 2019 la sospensione del caro-carburante e delle tariffe di gas ed elettricità, invita alla «responsabilità» politici, sindacalisti, editorialisti e cittadini perché «è in gioco la sicurezza dei francesi e delle nostre istituzioni. Ma la sua popolarità è ai minimi, scesa di altri nove punti nell'ultimo mese, al 22% (sondaggio per il Figaro) tanto che l'estrema sinistra di Jean-Luc Mélenchon chiederà la sua testa lunedì con una mozione di sfiducia. Infine l'inquisito numero uno, il capo dello Stato Emmanuel Macron, crollato al 21% come il peggior Hollande, che avverte di un nucleo di «diverse migliaia di persone» pronto a calare sulla capitale «per rompere e uccidere».
La Francia si trova costretta a fare i conti con le conseguenze che i gilet gialli e i casseur stanno scaricando sull'economia. Danni che rischiano di avere un impatto sulla crescita di fine 2018 e inizio 2019. A poco più di due settimane dal Natale, nel pieno delle vendite più importanti dell'anno, i consumatori hanno paura di scendere in strada e rischiano di averne ancora di più in questo quarto week-end di proteste di guerriglia annunciata. Il giro di affari del commercio al dettaglio è diminuito dal 20% al 40%, raggiungendo il picco negativo proprio nelle zone più esposte agli scontri di piazza, con una perdita tra il 15% e il 25% nel settore alimentare. Uno choc che secondo Gnc, il gruppo nazionale delle catene alberghiere, arriva a punte del 50% a Parigi.
Per il sindacato degli albergatori e ristoratori indipendenti (Gni), solo la scorsa settimana nella capitale si è registrato un +10% di prenotazioni annullate mentre il ritmo delle prenotazioni si è dimezzato. Mancati guadagni per 10 milioni di euro. Il mese di dicembre rischia di essere catastrofico, se si considera che anche nella grande distribuzione le vendite sono crollate nei tre sabati di proteste (-35% il 17 novembre, -18% il 24 novembre e -8% il primo dicembre).
Il clima natalizio è avvelenato dal clima sociale. In molti potrebbero preferire restare a casa e fare shopping on-line, accentuando una tendenza che sta già danneggiando il commercio tradizionale.
Ma i problemi ci sono anche per l'e-commerce, appeso alle consegne, soggette a ritardi in caso di scontri. Infine le ricadute sull'occupazione: 15mila gli stagionali a rischio. Perché anche la fiducia delle famiglie, con la crisi sociale, va giù: a novembre ha raggiunto il punto più basso dal 2015.
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