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Una parola atlantista da Salvini

Al di là degli argomenti della campagna elettorale, senza l'atlantismo non si governa un paese occidentale, soprattutto dopo il 24 febbraio.

Una parola atlantista da Salvini

Agenda Draghi contro Agenda Putin. Benché di queste agende non se ne possa già più, neanche fossimo in cartoleria, la formula di Enrico Letta non è completamente veritiera, anche se è efficace. Non è veritiera, o meglio è incompleta, perché nel campo largo, che il Pd non ha ancora escluso e in Sicilia ad esempio è ben in vita, a essere ultra putiniani sono i 5 stelle. Basti vedere la loro stampa e i loro intellettuali di complemento, poi cosa hanno fatto per bloccare l'invio delle armi a Kiev, mentre Petrocelli è stato espulso solo poche settimane fa. Però, si diceva, è una formula efficace, perché, agli occhi dell'establishment straniero e di una parte dell'opinione pubblica italiana, il tasso di filo putinismo sarebbe prevalente a destra. O, in ogni caso, è questo campo ad essere favorito, quindi è giusto che le preoccupazioni insorgano. Fondate, non tanto nei confronti di Berlusconi e di Meloni, quanto di Salvini e della Lega. La maglietta di Putin e le uscite pro Cremlino saranno utilizzate ad iosa contro di loro: ed è ovvio che sia cosi, tanto più che, persino dopo l'invasione, non sono mancate vistose ambiguità, come il pasticcio del mancato viaggio a Mosca o gli elogi di Salvini agli intellettuali putinisti da talk show. Se vogliono privare gli avversari di un argomento, Salvini, ma anche gli altri partiti del centro destra, dovrebbero dichiarare che seguiranno la medesima linea di Draghi, manterranno un legame molto stretto con Washington, saranno affidabili partner della Nato, e non mancheranno di inviare armi, e tutto ciò che occorre, a Kiev. In altre parole, non saranno tentati da imitare Orban che, a parole, condanna l'invasione, ma di fatto è un cavallo di Troia di Putin entro la Ue - il suo ministro degli esteri è stato accolto, due giorni fa, unico di un paese Ue, a baci e abbracci metaforici a Mosca. E questa presa di distanza da Orban riguarda anche Fratelli d'Italia. Al di là degli argomenti della campagna elettorale, senza l'atlantismo non si governa un paese occidentale, soprattutto dopo il 24 febbraio - una data cesura, di cui non tutti nel centro destra hanno ancora compreso la portata. E atlantismo vuol dire soprattutto rapporti con gli Usa. A Washington governano i dem, ma Salvini e Meloni, quei non moltissimi contatti, li hanno con i repubblicani di Trump. Cioè di un ex presidente che, lo vediamo in questi giorni, sembra essere stato un quasi golpista inconsapevole.

Anche qui ci pare necessaria una presa di distanza critica, oltre che da Orban, pure da Trump.

Sempre che qualcuno non conti su una sua rielezione, nel qual caso, più che di atlantismo, ci troveremmo di fronte a un caso di masochismo.

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