N on è ancora un parricidio, piuttosto una divergenza su un tema fondamentale come quello del futuro dell'Ilva. Il copione, già visto da un po' di tempo e in altre occasioni, è tutto basato sulle diverse gradazioni del grillismo.
C'è Beppe Grillo, fondatore e garante del Movimento, sacerdote della visione «pura» e primigenia del Movimento. E Luigi Di Maio, capo politico, ora ministro di Lavoro e Sviluppo Economico, incarnazione dell'anima «governista» e dialogante. Lo spartito suona così: il comico di Genova dice una cosa, il leader di Pomigliano un'altra. Le acciaierie di Taranto rappresentano un nodo decisivo, sul quale si potrebbe giocare l'identità stessa del M5s.
Grillo è intervenuto con un video dal suo Blog, non più gestito dalla Casaleggio Associati. L'idea visionaria è quella di riconvertire il sito industriale: «Si pensa a una riconversione - ha spiegato il garante - mantenendo sempre l'occupazione nella bonifica, ristrutturando il sito che è enorme». L'esempio indicato è quello del bacino della Ruhr in Germania. Prosegue Grillo: «Lì non hanno demolito, hanno bonificato, hanno messo delle luci, hanno fatto un parco archeologico di industria del paleolitico lasciando le torri per fare centri di alpinismo, i gasometri per centri sub più grossi d'Europa, sono state aperte un sacco di attività dentro e gli stessi minatori che lavoravano lì oggi sono guide turistiche, fanno un milione di visitatori l'anno e hanno dato posti a 10 mila persone». Per il comico tutto andrebbe fatto «con il reddito di cittadinanza e i fondi che ci sono in Europa». Un bel sogno. Stoppato sul nascere da Di Maio.
La replica del figliol prodigo è gelida: «Tutto sarà gestito con responsabilità - ha detto il vicepremier a Radio Anch'io -: non prenderò alcuna decisione finché non avremo incontrato le parti». Poi la vera e propria dichiarazione d'intenti, molto diversa dai progetti immaginati dal fondatore M5s: «Il ministro sono io, Grillo esprime esclusivamente opinioni personali, se serve valuteremo anche la continuità».
Se non è una rottura poco ci manca. E nel Movimento si interrogano sul tempismo sbilenco della sortita del fondatore, quasi a mettere una patata bollente nelle mani di Di Maio, proprio a pochi giorni dal suo insediamento nei due ministeri chiave. Un intervento a gamba tesa sul dossier più importante che il capo politico sarà chiamato a gestire.
Di botta e risposta ce ne erano stati altri, meno freddi di quest'ultimo. Per quanto riguarda la questione delle alleanze, l'incidente diplomatico era stato risolto con una nota congiunta pubblicata sul Blog. A gennaio Grillo aveva chiuso la porta a ogni tipo di accordi post voto con altre forze politiche. Poche settimane prima Di Maio si era detto disponibile a trattare con l'obiettivo di arrivare al governo. Nel M5s raccontano che quella improvvisa presa di posizione del garante aveva suscitato non pochi malumori all'interno della cerchia del capo politico.
Stessa cosa sull'euro. Quando un mese fa Grillo aveva rilanciato l'ipotesi di un referendum sull'uscita dalla moneta unica. Con Di Maio costretto ancora una volta a tamponare: «Grillo è uno spirito libero, lo conosciamo tutti. Ma la nostra linea sull'Europa resta sempre uguale, cambiare tutto». Senza referendum.
Durante la sfiancante trattativa con la Lega c'erano stati i lunghi travagli patiti dal comico.
Che si era detto «agitato» per il matrimonio. Fino a questo momento, elezione di Fico alla presidenza della Camera a parte, l'ha sempre spuntata Di Maio. E magari potrebbe ispirarsi a Salvini anche nel parricidio del fondatore.
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