Roma Ma quale crisi. A ventiquattr'ore scarsi dal lancio dei piatti, dopo una nottata di rancori repressi e di programmi di rivalsa, i duellanti sono già pronti a ricominciare la convivenza armata. Di Maio vuole incontrare Salvini per chiarirsi. Salvini accetta dicendo di non avercela con Di Maio, «persona per bene», però mette di nuovo nel mirino i signornò grillini, i ministri Toninelli e Trenta. Il Quirinale può rilassarsi perché la prospettiva di elezioni anticipate si allontana. Quanto a Giuseppe Conte, ritrovata una certa momentanea stabilità, può passare all'incasso. Primo, niente rimpasto, la Lega si metta il cuore in pace. «Nessuno mi ha mai prospettato una ricomposizione della squadra di governo». Secondo, la legge per l'autonomia regionale non consentirà l'assunzione diretta dei docenti. «I governatori non avranno tutto», spiega il premier.
Certo, questa non è una pace. Dallo scontro aperto e totale, anche personale, si sta passando alla guerriglia quotidiana a bassa intensità, la strategia preferita dai 5s, che puntano a logorare il Capitano. L'effetto si vede subito, alla riunione mattutina sull'autonomia, che Salvini diserta polemicamente e che registra una vittoria dei Cinque stelle. Grazie anche a una sentenza della Consulta firmata da Sergio Mattarella, allora giudice della Corte, che aveva sollevato problemi di costituzionalità, si decide che «il personale della scuola è escluso dalla regionalizzazione, che il sistema rimane unitario» e che non ci sarà nessun trasferimento di fondi dallo Stato: l'istruzione pubblica deve essere uguale in tutta Italia. «L'articolo 13 è stato soppresso, non ci saranno concorsi regionali, è un nostro successo. Non abbiamo ceduto su cose che avrebbero potuto compromettere l'unità del Paese», esulta il sottosegretario all'Istruzione, il grillino Salvatore Giuliano. Restano aperti due punti, le risorse e il potere delle sovrintendenze culturali. Lunedì un nuovo vertice cercherà di risolvere la questione. «L'autonomia funziona se c'è quella finanziaria avverte la leghista Erika Stefani, ministro per gli Affari regionali Non accetteremo compromessi».
Conte è soddisfatto. «Il modello della scuola è fondamentale e non può essere frammentato. Siamo in dirittura d'arrivo, era uno dei punti del contratto di governo condiviso da M5s e Lega. Grazie a tutti i ministri, pure agli assenti giustificati», e non si capisce se Salvini, assente ufficialmente per precedenti impegni, è nel numero. I governatori ci resteranno male? Il presidente del Veneto Luca Zaia, è «basito» e ha «le tasche piene» dei rinvii? Pazienza, «su sanità, ambiente, sviluppo economico sono state accolte le loro richieste, però questa è una trattativa, non possono avere tutto».
Il premier dunque, forte dell'appoggio del Colle e convinto che il ministro dell'Interno adesso non voglia far saltare tutto, fa anche sfoggio di muscoli. «La mia posizione è molto chiara, non so qui a vivacchiare legato alla sedia. Siamo qui per realizzare un mandato preciso e un progetto di riforme molto ampio, che richiederà del tempo ma che si completerà nel giro di qualche mese, un anno». E dopo? Boh. Conte sente spesso Sergio Mattarella. «Però non è una notizia, sono colloqui istituzionali.
Ho visto pure Lorenzo Guerini, Pd, presidente del Copasir, per motivi legati al suo incarico, e presto incontrerò le parti sociali», che Salvini ha già ricevuto al Viminale provocando proteste e polemiche. Si profila comunque un'estate di fuoco. «Non vado in vacanza conclude Conte - solo qualche fine settimana per ricaricarmi. Resto qui a lavorare». E a sorvegliare la poltrona.
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