La partita può decidersi alla roulette del Nevada

Alla fine la ridotta di Donald Trump sono quei sei Stati in cui la vittoria è separata dalla sconfitta solo da una manciata di voti

La partita può decidersi alla roulette del Nevada

Alla fine la ridotta di Donald Trump sono quei sei Stati in cui la vittoria è separata dalla sconfitta solo da una manciata di voti. Conta e riconta, nella serata di ieri in Italia (tra la tarda mattinata e il pomeriggio nelle diverse zone orarie degli Stati Uniti) il testa a testa tra il presidente uscente e lo sfidante democratico era solidificato all'incirca sui 238 grandi elettori contro 216 a favore di Joe Biden, con il miraggio del traguardo fissato a 270 ancora piuttosto distante per entrambi.

Niente onda blu democratica, ma un quasi pareggio che per un Trump sempre sottostimato dai sondaggi potrebbe somigliare a un successo. Non fosse che, proprio in quei sei Stati mancanti, sembra molto più difficile per lui che per Biden mettere assieme i numeri decisivi.

Vediamoli, questi sei campi di battaglia. Il più consistente è la Pennsylvania, che da sola mette a disposizione 20 voti validi per la conferma finale del nome del prossimo presidente. É lo Stato natale di Biden, ma anche uno di quelli che quattro anni fa Trump era riuscito contro i pronostici a strappare ai democratici grazie a una fetta decisiva di voto operaio, quei blue collars che Hillary Clinton aveva commesso l'errore fatale di considerare acquisiti. Qui negli ultimi giorni di campagna si è molto combattuto e ieri pomeriggio, quando erano stati conteggiati i due terzi dei voti, la Pennsylvania sembrava confermarsi terreno fedele per Trump, e con un largo vantaggio. Però, quel terzo di schede ancora non computate venivano in gran parte dall'area metropolitana di Philadelphia, che è un feudo democratico, ed erano in maggioranza voti postali, quelli più temuti dal presidente. Ecco dunque il problema: avere i risultati della Pennsylvania richiederà il suo tempo, forse diversi giorni, senza calcolare i tempi dei ricorsi già minacciati da Trump.

Molto più prossima, in apparenza, la soluzione del nodo degli altri due Stati del Nord su cui i due rivali appuntano le loro speranze: il Michigan (16 grandi elettori) e il Wisconsin, che ne ha dieci. Ieri sera Joe Biden aveva un vantaggio leggerissimo in entrambi. Nel Michigan, con 200mila schede rimaste da contare su oltre 5 milioni, meno di diecimila voti in più, ma come in Pennsylvania i mancanti sono quelli di una vasta area metropolitana storicamente democratica, la città di Detroit: così per Trump si andava delineando una sconfitta soffertissima di misura. Discorso simile nel Wisconsin, che è stato considerato assegnato a Biden ma dove ieri sera, la campagna di Trump si è giocata la carta della disperazione e ha chiesto ufficialmente un riconteggio dei suffragi.

Se i 26 grandi elettori complessivi dei due Stati industriali dei Grandi Laghi andassero effettivamente a Biden, al candidato democratico mancherebbero in teoria solo 6 voti per la Casa Bianca. Che sono esattamente quelli messi in palio dal Nevada, lo Stato di Las Vegas. Qui ieri sera il conteggio era fermo per motivi di fuso orario ed era stato reso noto che nessun dato sarebbe stato aggiornato prima di stasera: il vantaggio di Biden era minimo (588mila contro 580mila, in attesa dei numeri decisivi della popolosa contea dove sorge Las Vegas) e nessuno, nemmeno in questa terra di case da gioco, si azzarda a sbilanciarsi sull'esito finale, che vede comunque Trump leggermente sfavorito.

Il presidente uscente punta le sue carte sulla Georgia, dove solo un'ondata blu in arrivo dalla capitale Atlanta potrebbe invertire il vantaggio oltre due punti già capitalizzato, e sulla North Carolina, un altro Stato che sembra confermato con le unghie e con i denti alla causa repubblicana, ma il cui conteggio finale promette di rivelarsi tra i meno solerti. Potrebbe non bastare.

Persi Michigan e Wisconsin, nemmeno un trionfo in Pennsylvania basterebbe a Trump: non sembra dunque sbagliato pronosticare che si deciderà tutto alla roulette di Las

Vegas. Ma tanto è già certo che il presidente farà saltare il tavolo e punterà, da giocatore spregiudicato qual è, le sue ultime fiches sulla Corte Suprema. La partita è ancora lunga, e non è detto che sarà troppo pulita.

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