Partiti spaccati sul Colle. E già si pensa al Renzi bis

In caso di fratture tra i democratici, i voti di Forza Italia diventeranno indispensabili E il nuovo presidente potrebbe chiedere al premier un rimpasto. L'attivismo di Padoan

Roma - Uno spettro s'aggira per Palazzo Chigi. E si chiama Renzi bis. L'ipotesi ha iniziato ad essere presa in considerazione (nelle segrete stanze) soprattutto se il nuovo capo dello Stato viene realmente eletto alla quarta votazione, come predetto dal presidente del Consiglio. E per questa previsione, Pier Luigi Bersani lo irride: se c'è un accordo per eleggere il presidente alla quarta votazione - dice l'ex segretario del Pd - perché non applicarlo alla prima votazione?

Perché alla quarta votazione diventano indispensabili i voti di Forza Italia e Ncd per eleggere il nuovo inquilino del Quirinale. E perché nel frattempo è assai probabile - nello schema del premier - che Pd e Forza Italia non voteranno compatti.

A quel punto, difficilmente il premier potrà far finta di nulla. E proseguire con la stessa maggioranza: vista la sfaldatura interna ai due principali partiti che ha reso necessario arrivare al quarto voto per il Quirinale. Uno schema (quello del Renzi bis) che potrebbe entrare in crisi vista la volontà, annunciata da Renato Brunetta, di Forza Italia di voler sospendere mercoledì l'esame delle riforme nell'aula di Montecitorio.

Al contrario, se lo schema dovesse reggere l'impatto dell'annuncio di Brunetta, potrebbe essere addirittura il nuovo presidente della Repubblica a chiedere a Renzi di procedere ad una verifica della propria maggioranza parlamentare; ed avviare un «rimpasto» di governo. Così da fotografare il cambio dell'assetto della maggioranza. Per il momento, l'ipotesi resta nel cassetto. Ma qualcuno inizia a rifletterci sopra. Pier Carlo Padoan, per esempio, conserva buone possibilità per tentare di trasferirsi al Quirinale.

Circostanza che non gli dispiacerebbe affatto. Non solo per l'incarico più prestigioso. Ma anche perché non sarebbe suo compito gestire i mal di pancia che la Commissione europea continua ad avere nei confronti dei conti pubblici italiani. La scelta di non considerare gli investimenti nel calcolo del deficit (sempreché questo rimanga sotto il 3%) non risolve il problema dell'aumento del debito conseguente. In più, il ministro si trova a gestire un momento complicato. Continua l'esodo di dirigenti dalla Direzione generale del Tesoro. Dopo Codogno (capo dell'analisi economica) sembra stia per fare le valigie anche Carlo Monticelli: sherpa del governo per tutti i vertici economici internazionali.

Anche un altro ministro che compare nel toto-Quirinale, come Roberta Pinotti, avrebbe problemi interni al proprio dicastero. Riviste di settore, come Analisi Difesa, criticano apertamente le scelte del ministro. E rivelano una scarsa sintonia della Pinotti con i vertici militari, a partire dall'attuale Capo di Stato Maggiore, ammiraglio Luigi Binelli-Mantelli.

Se alla

Pinotti viene imputato un eccesso di decisionismo (secondo Analisi Difesa non motivato), le opposizioni alla Camera criticano la Boldrini. La accusano di essere «un notaio della maggioranza ed è incapace a prendere decisioni».

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