Guerra in Ucraina

Quel partito che resta sulle barricate: ecco chi non vuole "armare" Kiev

Sollevano dubbi sul conflitto. Ma non sono filo-putiniani

Quel partito che resta sulle barricate: ecco chi non vuole "armare" Kiev

Putiniani: analisti, giornalisti, politici, intellettuali, artisti; nel nome di Vladimir, della pace, della realpolitik, del complottismo o dell'antifascismo. In tempi come questi, in tempi di guerra, i grigi tendono a scivolare nel bianco o nel nero. E se si sceglie una posizione ambigua, se si sostiene che Kiev non vada armata, si fa indiscutibilmente un favore a Putin, che si condanni o meno l'invasione russa. E si finisce arruolati tra i putiniani. Ne sa qualcosa Alessandro Orsini, travolto da polemiche su polemiche per la sua posizione sul conflitto, ribadita di talk show in talk show, ossia che mandare armi all'Ucraina è inutile, che la stessa resistenza ucraina è inutile, che Ue e Nato hanno grandi responsabilità per quello che sta succedendo e che, sostanzialmente, la cosa migliore sarebbe una resa del Paese e un accordo con Putin.

Ma i distinguo - che in parlamento trovano sponde tra i M5s, gli ex grillini, la Lega e la sinistra, con punte di «eccellenza» come il presidente grillino della commissione Esteri del Senato Vito Petrocelli o come l'ex pentastellata Bianca Laura Granato, che ha addirittura appoggiato esplicitamente l'invasione - hanno contraddistinto anche la posizione del presidente Anpi Gianfranco Pagliarulo che, prima del 25 aprile, ha «smontato» la resistenza ucraina, affermato il suo no all'invio di armi, bocciato le bandiere Nato alle manifestazioni e pure aperto uno spiraglio di dubbio su Bucha, salvo poi correggere il tiro in seguito al polverone sollevato dalle sue parole. Nella pattuglia dei pacifisti con corollario di eccessivo appiattimento italico agli Usa (e che sostengono il teorema della guerra tra Russia e Usa per interposto territorio) spuntano anche un po' di artisti, come Fiorella Mannoia, Moni Ovadia, Ascanio Celestini. Tutti, non a caso, tra i presenti sul palco di «Pace proibita», la serata organizzata due giorni fa al teatro Ghione (tutti esauriti i posti da 12,50 euro) da Michele Santoro per dire no alla «esaltazione delle armi come soluzione» del conflitto ucraino, che ha visto partecipare anche Elio Germano e Sabina Guzzanti. Per la Mannoia, che condanna il «correre all'invio di armi» italiano, la guerra portata a Kiev da Mosca «si sta rivelando una guerra tra Russia e America, con in mezzo quel povero popolo che sta pagando tutto questo». Anche Ovadia tiene il punto, ricordando di avere in casa «tre profughe ucraine» e sostenendo che «ai potenti che si contendono questa storia, degli ucraini non gliene frega niente», prima di bocciare la Ue, «totalmente appiattita sugli Usa». E a spiegare il perché del no all'invio di armi al popolo ucraino che lotta per resistere all'invasione russa è Ascanio Celestini: «Dobbiamo capire che possiamo fare. Se l'unica cosa che possiamo fare è mandare le armi e riarmare questo paese, significa che abbiamo accettato che non soltanto combatteremo questa guerra, ma ne combatteremo altre domani». E pure Mattia Santori, la «sardina» eletta consigliere comunale con il Pd a Bologna, ha una posizione distinta dai dem, ed è decisamente «contrario all'invio delle armi».

«Non si risponde ha spiegato - a un fallimento della politica estera mandando armi a un paese che sicuramente è vittima, ma la cui situazione è anche frutto delle nostre scelte sbagliate».

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