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"Patrioti, non sovranisti E non faremo mai inciuci con Di Maio e Renzi"

Tajani a Viterbo insiste sul dna liberale azzurro Il Cavaliere: necessaria la quota proporzionale

"Patrioti, non sovranisti E non faremo mai inciuci con Di Maio e Renzi"

I dentità di Forza Italia, perno di un centrodestra plurale e non egemonizzato dalla Lega, opposto alla sinistra, anche quella di Matteo Renzi. Il vicepresidente azzurro Antonio Tajani, apre con questo messaggio la convention di Viterbo su: «L'Italia e l'Europa che vogliamo».

«Non siamo sovranisti ma siamo patrioti - dice - , convinti che la nostra Patria dev'essere tutelata dai valori dell'Europa. Non pieghiamo la testa di fronte a Berlino o Parigi, né c'è stata genuflessione nel voto per Ursula von der Leyen al vertice della Commissione Ue, contro il candidato della sinistra. Nessuno in Fi vuole inciuci con Di Maio o Renzi, che hanno culture alternative alla nostra e sono interessati alla spartizione delle poltrone e all'elezione del successore di Sergio Mattarella, che non dovrebbe essere oggetto di scambi tra partiti».

Tajani sottolinea il carattere moderato, liberale, atlantico ed europeista del partito, poco dopo le affermazioni di Silvio Berlusconi, che frena sul referendum per il maggioritario di Matteo Salvini e non crede all'Opa ostile di Renzi sugli per azzurri. «Non siamo estremamente favorevoli - dice il Cavaliere, che sarà domani a Viterbo - a trasformare la legge elettorale tutta in maggioritario, perché il partito principale di ogni coalizione ne avrebbe in mano le sorti, credo che una quota di proporzionale sia assolutamente indispensabile». Il testo del referendum salviniano, comunque, sarà studiato dagli organi del partito, precisa l'ex premier. A Renzi, Berlusconi augura successo, perché «non è un estremista» e può rappresentare «un'evoluzione favorevole e positiva per l'Italia della sinistra intera». Ma non teme che gli rubi consensi, perché «una parte degli elettori di Renzi guarda con antipatia a Fi e viceversa, quindi l'unione dei due partiti farebbe allontanare una percentuale non minima dell'uno e dell'altro e la somma sarebbe molto inferiore ai due partiti divisi».

Alla convention Tajani cede la parola al segretario del Ppe, di cui Fi fa parte, unico partito del centrodestra. Antonio Lopez attacca i populisti, critica il «pericolo di salvinizzazione, di una retorica minacciosa e di accentramento del potere», che stravolgerebbe il centrodestra per sua natura moderato. Questa coalizione, dice, «va salvata per articolare una terza via popolare tra Macron e Salvini».

Uno studio di Tecnè guarda come elettorato di Fi al ceto medio, sempre più tartassato, dove cresce l'astensionismo. Il partito vede grandi potenzialità di recupero di consenso, in particolare nei quasi 2 milioni di «osservatori interessati» e nei quasi 8 milioni di «critici non ostili». Sull'analisi si confrontano Alessandro Sallusti, direttore de Il Giornale, la vicepresidente di Tecnè Michela Morizzo, Gregorio Fontana, responsabile organizzazione di Fi e la capogruppo al Senato Anna Maria Bernini. «La democrazia morirà - avverte Sallusti- se mette la politica nelle mani di incapaci. E non parlo solo di Toninelli, ma anche di ragionieri della politica come Monti e la Fornero. C'è una colpa enorme della famiglia di Fi, che ha subito 3 scissioni, Fini, Alfano, Verdini. Per recuperare voti non deve inseguire altri sul sovranismo ma avere una sua identità, accordi con Salvini e Meloni si, ma non a qualsiasi costo».

Per la Bernini, «in questo surreale quadro il Pd per la quarta volta perde le elezioni ma governa e alla rabbia dell'elettore medio si sostituisce la rassegnazione, su questo dobbiamo fare autocritica ed evitare troppi personalismi».

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