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Pd al bivio: stare con Conte o candidare Di Maio e i suoi

Al Nazareno si preparano alla scissione degli alleati Franceschini e Marcucci grandi sponsor del ministro

Pd al bivio: stare con Conte o candidare Di Maio e i suoi

Il partito Conte-Travaglio o il pacchetto Di Maio: il Pd non ha altre opzioni sul tavolo. La crisi grillina pone il segretario Enrico Letta davanti a un bivio. Al Nazareno si ragiona sulla strada da imboccare, a meno di un anno dal voto per le Politiche. L'unica certezza: i destini di Conte e Di Maio, finora uniti nel Movimento, si separeranno. Cosa farà Letta? L'ex premier, rientrato dall'esilio parigino per assumere la guida dei democratici nel post-Zingaretti, teorizza il campo largo: un'alleanza che va da Speranza al M5s.

Ecco il punto dirimente. Con quale Movimento costruire il campo largo? Con il Movimento di Conte e Travaglio. E senza Di Maio? Il Pd deve scegliere. Se abbraccia il Movimento contiano, deve accollarsi tutto. Deve accettare i tentennamenti sulla collocazione atlantista, i ricatti, le spinte giustizialiste, le simpatie pro Maduro. Una strada tutta in salita, dunque. Un percorso tutto da costruire. Al Nazareno i dubbi iniziano a farsi largo. Nonostante siano state convocate per il 23 luglio prossimo le primarie con il M5s per scegliere il candidato per la presidenza della Regione in Sicilia.

C'è la pattuglia dei sindaci, Dario Nardella (Firenze), Giorgio Gori (Bergamo), Matteo Ricci (Pesaro), che guarda con scetticismo al patto Pd-Cinque stelle. C'è la componente di Base riformista che spinge per l'accordo con Carlo Calenda. Però il risvolto positivo della medaglia esiste: la cementificazione di un'alleanza elettorale. Pd e Cinque stelle formano una coalizione solida e competitiva. In grado di giocarsela alla pari alle prossime elezioni politiche con il centrodestra. I dubbi non sono solo da una parte. Anche tra i contiani si riflette su altre ipotesi: si lavora a una costituente di sinistra con Bersani e Bettini. La seconda opzione sul tavolo dem è l'addio al campo. Uno scenario che consentirebbe al Pd di sganciarsi dall'alleanza con i Cinque stelle di Conte e puntare tutto sul «pacchetto Di Maio».

L'indizio è nelle parole di Andrea Marcucci, ex capogruppo dem al Senato e profondo conoscitore del Palazzo: «Di Maio è molto maturato e ha dato buona prova di sé al governo. Se il Pd deciderà di avere delle autorevoli personalità esterne, in questo caso sì», commentava Marcucci un mese fa a Rai Radio1, ospite di Un Giorno da Pecora. Ecco lo schema: un accordo elettorale con Di Maio e i suoi parlamentari su scala nazionale. È un'opzione, elettoralmente, molto debole: il ministro degli Esteri e la sua area politica di riferimento non valgono il consenso del M5s. E risulterebbe difficile che Di Maio possa dare vita a un suo partito al momento. Un'ipotesi che però Carlo Calenda non smentisce: «Oggi ho ricevuto alcune telefonate da giornalisti per chiedere se stessi lavorando ad un partito con Di Maio, Sala, Carfagna e Gelmini. Di Maio. Giuro».

Il Pd avrebbe due strade: riservare alcuni posti nel listino bloccato al ministro Di Maio e a una decina di parlamentari grillini uscenti. È una strada percorribile: il ministro degli Esteri ha i suoi sponsor al Nazareno. Uno su tutti è il ministro della Cultura Dario Franceschini. E poi non è una novità: l'operazione avrebbe la benedizione sia del Colle che di Palazzo Chigi. L'ex capo dei Cinque stelle porterebbe con sé il fido Vincenzo Spadafora, già di passaggio nel Pd qualche anno fa, il siciliano Giancarlo Cancelleri, Laura Castelli e un'altra decina di fedelissimi. L'operazione richiederebbe un sacrificio al Pd in termini di seggi. E dunque Letta potrebbe riconoscere ai dimaiani candidature solo negli uninominali. Una scommessa. Tutta da vincere per Di Maio e dimaiani.

Al Pd la scelta.

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