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La strategia della scorciatoia

Negli anni più recenti proprio il Pd ha abilmente praticato la via della manovra di palazzo, tanto che si è ritrovato per circa un decennio al governo senza mai aver vinto le elezioni

La strategia della scorciatoia
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Il Pd dovrebbe fare dell'immortale Pinocchio il suo livre de chevet. Cosa insegna, infatti, la grande favola di Collodi? Non solo che è bene non dire bugie ma soprattutto che è bene non raccontare bugie a se stessi, altrimenti si finisce male. La bugia più nota che il Pd racconta a sé e ai suoi elettori che evidentemente se la vogliono sentir dire non riguarda la storiella che al governo ci sia il fascismo ma la convinzione che per andare al governo si possa imboccare una scorciatoia. Il caso Garofani (nella foto) così bene illustrato e smontato da Feltri su queste pagine ci dice molto di più sulla sinistra di quanto non ci dica sulla destra. Lo scossone, la spallata, l'imboscata cosa sono se non scorciatoie con le quali il Pd e la sinistra in genere cercano di trovare la via per Palazzo Chigi? Le manovre di palazzo, del resto, sono gran parte della politica italiana che ha in sé una certa propensione all'intrigo, al complotto, alla trama più o meno oscura.

Negli anni più recenti proprio il Pd ha abilmente praticato la via della manovra di palazzo, tanto che si è ritrovato per circa un decennio al governo senza mai aver vinto le elezioni. In questo modo il Pd è quasi diventato un partito-istituzione: una sorta di partito di governo per partito preso. Però, poi è accaduto qualcosa: il centrodestra ha vinto le elezioni con Giorgia Meloni e il Pd è diventato con Elly Schlein un partito radicale o massimalista ed è non solo uscito dall'area di governo ma persino dall'area di un'opposizione credibile e pronta per vincere le elezioni e andare a Palazzo Chigi entrando dal portone principale. Il caso Garofani rende visibile il paradosso: il Pd è stato abbandonato dal governo ma ha conservato la vocazione per la scorciatoia che ora prende la forma del "fascismo al governo", ora della "rivolta sociale", ora dello "scossone". È qui che entrano in scena Collodi e Le avventure di Pinocchio. Dove conducono le scorciatoie se non fuori strada? Dove va a finire il povero Pinocchio, dopo aver venduto il suo abbecedario, se non in mezzo al Gatto e alla Volpe? Cos'è l'albero delle monete d'oro se non l'illusione di tutte le illusioni che si possa vivere e vivere bene senza lavorare? E cosa sono oggi tutte queste assurde pretese se non le proposte politiche del Pd che invece di raccontare la verità al suo elettorato preferisce assecondarlo pur di non smentire convincimenti che sono in palese contrasto con il funzionamento di una democrazia liberale? Dunque, leggere Pinocchio sarebbe per Elly e per il Pd e per i tanti intellettuali di sinistra, che sognano la presa del Palazzo d'Inverno, il vero atto rivoluzionario da compiere.

Uscirebbero dalle bugie che raccontano a se stessi, recupererebbero un senso delle cose reali e lascerebbero la strategia della scorciatoia per imboccare la via più lunga ma giusta della democrazia dell'alternanza. Certo, è una strada faticosa, che richiede lavoro, onestà e pazienza ma senza queste tre qualità non si ottiene niente né nella vita né in politica.

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