Duecento euro al mese non documentati: briciole, cosette da nulla, dice Stefano Bonaccini. Pranzi, cene, carburante messi in conto alla regione senza scontrini giustificativi per circa 4.000 euro. «Tutte spese sostenute per attività amministrativa, nulla di personale», ha protestato l'altra sera alla festa dell'Unità di Bologna strappando applausi poco convinti. Il segretario Pd dell'Emilia Romagna minimizza, insiste che «non c'è nemmeno una ricevuta d'albergo, né viaggi aerei o auto blu: la mia vecchia Seat ha fatto 345mila chilometri in quattro anni».
Come dire che non ha ceduto ai lussi della casta. Il suo ex rivale alle primarie del centrosinistra, Matteo Richetti, qualche notte a quattro stelle invece se l'è concessa (500 euro per un paio di giorni a Riva del Garda) e gli inquirenti gli contestano un conto più alto. Così Bonaccini il furbo ne approfitta.
Il Pd del rinnovamento, dei rottamatori, delle facce giovani ora è quello della lotta contro il tempo, del chi arriva primo, dei giochini procedurali per evitare di farsi tagliare fuori dalle primarie. L'avvocato di Bonaccini, Vittorio Manes, ha «fiducia che la questione si possa risolvere rapidamente». Ieri ha chiesto alla procura di Bologna di stralciare la posizione del suo assistito, un passo verso la richiesta di archiviazione.
Non è una «corsia preferenziale», ha precisato il legale uscendo dagli uffici dei pm Antonella Scandellari e Morena Plazzi, ma una presa d'atto che si tratta di un «contesto molto particolare. È una posizione che, se i magistrati ritengono, può essere definita». Già, la posizione di un indagato Pd per peculato che vuole sostituire un condannato Pd per falso.
Bruciare le tappe: questa è la strategia di Bonaccini. Minimizzando le contestazioni, e resistendo nella corsa alle primarie, si è sbarazzato del contendente più pericoloso, Richetti, e di un terzo outsider, Matteo Riva, del Centro democratico. Ora la corsa per la candidatura unica della sinistra verso la poltrona di governatore liberata dalle dimissioni di Vasco Errani è un derby tra lui e Roberto Balzani, ex sindaco di Forlì, anch'egli Pd. Ieri a mezzogiorno scadeva il termine per presentare le firme per le primarie del 28 settembre e nessun altro contendente si è aggiunto.
Ma sgombrato il campo da Richetti, per Bonaccini si prevede un percorso in discesa verso il voto regionale che la Corte d'appello ha fissato per il 23 novembre. Una corsa quasi solitaria contro un intellettuale (Balzani è docente universitario di storia contemporanea) approdato alla politica in tempi recenti. A meno che dalla segreteria nazionale non arrivi un contrordine, davanti al quale il favorito numero 1 ha già detto che farà «non uno ma due passi indietro».
Ai militanti della festa dell'Unità Bonaccini ha confermato di aver ricevuto una grandissima solidarietà anche da amministratori e dirigenti del partito, ma non ha svelato se tra i messaggi d'incoraggiamento ci fosse anche quello di Renzi. Che infatti non è mai arrivato.
Nel pomeriggio di ieri Bonaccini è andato a Roma per incontrare i vertici del Pd. Le procedure per le primarie si sono chiuse senza contestazioni e soltanto un intervento diretto di Renzi potrebbe riaprire i giochi. Il colpo di scena finora non c'è stato.
Anche il rottamatore ha interesse a minimizzare un'inchiesta che si è trascinata per quasi due anni senza grossi clamori fino all'altro giorno. Per il Pd è ora che in Emilia Romagna, dopo il clamoroso abbandono di Errani, ogni cosa ritorni al proprio posto.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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