Unità in piazza, prove di dialogo sul palco, abbracci tra Renzi, Gentiloni e Martina (naturalmente a favore di telecamere). Ma dietro le quinte restano i "capannelli" tra renziani e non renziani. Dopo cene promesse, annunciate e saltate, il Partito democratico prova a ripartire da Piazza del Popolo a Roma e dall'opposizione a quello che ha definito senza mezzi termini "il governo dell'odio".
"Unità, unità", scandiscono i 70mila manifestanti in piazza, quando il giovane dem Bernard Dika chiede di riscoprire "la bellezza di camminare insieme": "Non arrendiamoci, questa è non solo la piazza dell'opposizione ma quella dell'alternativa", ha sottolineato. "Dobbiamo riuscire a fare riscoprire quei sogni, quella speranza in un futuro migliore. Noi siamo chiamati a questo in una logica di unità, prima ancora al nostro interno", aveva detto poco prima Federico Romeo, sindaco del municipio Val Polcevera di Genova
Dal canto suo Maurizio Martina fa mea culpa: "Voglio dire ai tanti elettori che non ci hanno votato il 4 di marzo che abbiamo capito la lezione", assicura, "Ora dateci una mano perché noi siamo somma e non divisione. Non servono tifosi ma una comunità che senta su di sè un impegno. Ci sono cose che non puoi solo raccontare agli altri, ma che devi praticare". Poi giù ad attaccare la manovra "pericolosa per l'Italia" e ad accusare Di Maio e Salvini di essere "ossessionati dall'idea di trovare un nemico invece che da quella di trovare soluzioni ai problemi" e di pensare "solo al vostro tornaconto elettorale".
Nel frattempo, però, a "intrattenere" la stampa con una sorta di controcomizio ci pensa Matteo Renzi: "Contro questa destra credo sia importante tenere tutti insieme, da Tsipras a Macron", sottolinea l'ex segretario dem ai giornalisti. Che nella sua conferenza stampa improvvisata ha parlato anche di Nicola Zingaretti, finora unico a essersi ufficialmente candidato a fare il segretario.
"Inadatto? Non l'ho mai detto", taglia corto Renzi, "Quello che mi sembra ovvio, logico e intelligente oggi è dire che chiunque sarà il segretario o la segretaria del Pd dovrà avere il consenso di tutti gli altri, una volta finito il congresso. Cioè evitare quel fuoco amico che abbiamo visto troppe volte".
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