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Il Pd presenta subito il conto: "Riequilibrio e nuova agenda"

Orlando chiede di modificare l'asse del governo, Zingaretti frena: «Umiliare i 5s sarebbe un errore»

Il Pd presenta subito il conto: "Riequilibrio e nuova agenda"

Primo obiettivo: drenare il voto in libera uscita dai Cinque stelle. A cominciare dalla prossima, difficile partita delle Regionali 2020: in primavera si voterà in sei Regioni (tra cui Toscana, Puglia, Campania), e il Pd deve riuscire almeno a tenerne alcune.

Per questo, all'indomani della vittoria (inaspettata) in Emilia-Romagna, e della virtuale sparizione elettorale dell'alleato grillino, il segretario dem si mostra ancora affettuoso e conciliante con M5s, smussando i toni più duri di chi - come il vicesegretario Andrea Orlando - tuona che bisogna «modificare l'asse politico del governo». Nicola Zingaretti, rinvigorito dal voto e convinto che la sua linea «soft» sia quella che ha pagato, è assai meno ultimativo. Niente pugni sul tavolo o richieste di rimpasti di governo: «Mai - scandisce - userò la parola imporre verso gli alleati. Cui rivolge, invece, l'appello suadente ad «uno spirito di maggior collaborazione», perché «ci è parso che finora, in certe occasioni, ha prevalso una volontà polemica anche a prescindere dal merito». Quindi, aggiunge, «spero che tutti siano disponibili, perché conviene a tutti: si governa da alleati, non da avversari».

L'intento del leader Pd è chiaro, e ai suoi lo ha spiegato così: «Nulla sarebbe più sbagliato, ora, che farsi prendere dalla voglia di umiliare i Cinque stelle». Tanto, è il suo ragionamento, il giulivo premier Conte, deciso a conservare il posto più a lungo possibile, è già disponibilissimo a mettersi a servizio del nuovo azionista di maggioranza, e a usare tutta la sua influenza per trascinare quel che resta del grillismo nell'orbita del centrosinistra. Quanto alla massa di manovra parlamentare del M5s, piuttosto che tornare alle urne e quindi ad ingrossare le file dei disoccupati (o, ben che vada, dei navigator), non c'è dubbio alcuno che deputati e senatori sosteranno il governo perinde ac cadaver. Magari continueranno a uscire alla spicciolata dal partito casaleggese ormai in disarmo e a fondare gruppuscoli, ma la gran parte resterà nell'ambito ospitale della maggioranza. L'obiettivo di Zingaretti, però, è di convincere la Ditta grillina a fare un passo in più, e scegliere l'alleanza organica con il Pd alle prossime elezioni: in molte Regioni in cui si voterà, l'elettorato residuale dei pentastellati può fare la differenza tra una sconfitta probabile e la vittoria. E il segretario dem ha bisogno di qualche successo per stabilizzare definitivamente la propria posizione, e arrivare all'autunno rafforzato per farsi riconfermare in un congresso «a tesi» (ossia senza contendenti per la leadership) e poi affrontare la partita delle elezioni politiche come capo dello schieramento progressista contro quello del centrodestra, in una competizione virtualmente (a prescindere dalle regole elettorali, ancora da mettere a punto) bipolare. «Auspichiamo - dice - che si costruiscano progetti comuni del buon governo regione per regione». Queste alleanze «di buon governo» dovranno garantire «progetti di sviluppo e alleanze più ampie possibile» che, partendo dalle forze di governo, si aprano a «forze civiche, amministratori, movimenti ed associazioni».

Nel frattempo, Zingaretti si gode l'ottimo risultato delle liste del suo partito sia in Emilia-Romagna (dove, certo, è stato il governatore Stefano Bonaccini a fare la differenza, ma il Pd è uscito assai rafforzato) che in Calabria, dove pur nella sconfitta alla Regione i Dem riescono ad essere la lista più votata. «Credo sia la vittoria di una strategia politica - dice - un partito unito, da alcuni mesi talmente unito che non ve ne siete nemmeno accorti. Una forza unita ma non settaria, perché vogliamo intorno al Pd un campo di forze, utile nei sistemi maggioritari ma anche per Paese che va verso una bipolarizzazione. Dobbiamo investire sul Pd, ma in maniera aperta».

Ora bisognerà mettere mano anche agli equilibri interni al partito, allargando l'area di consenso attorno al segretario, coinvolgendo la minoranza, levando spazio alla concorrenza renziana.

Contando su un asse forte con il capo delegazione nel governo, Dario Franceschini, cui viene data mano libera nella gestione dell'esecutivo e che avrà la presidenza del Pd per uno dei suoi: sarà una donna, dicono al Nazareno, e ieri circolava il nome della franceschiniana Roberta Pinotti.

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