Pd pronto a cedere ai 5s anche sulla prescrizione L'allarme dei magistrati

I dem alzano la voce, ma non faranno barricate. L'Anm: «Si rischiano squilibri»

Pd pronto a cedere ai 5s  anche sulla prescrizione L'allarme dei magistrati

Riprende a ticchettare la bomba a orologeria piazzata sulla strada del governo fin dalla sua nascita: la giustizia. Nella spaccatura tra Pd e M5s si insinua anche una presa di posizione dell'Anm che i dem colgono al volo come spunto per rafforzare la propria posizione. Parlando dello stop alla prescrizione dopo il primo grado di giudizio che scatterà da gennaio, il presidente dell'Anm Luca Poniz spiega che «rischia di produrre squilibri complessivi». Un giudizio subito rilanciato dall'ex ministro della Giustizia Andrea Orlando: «Adesso che lo dice anche l'Anm si può prendere in considerazione questo dato? Senza rispondere che chi lo dice è amico dei corrotti». I toni nel governo paiono scaldarsi subito quando il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede ventila l'ipotesi di un «tradimento»: «Se il Partito democratico dovesse andare in aula - e non ci voglio credere, troveremo una soluzione - a fare asse con Forza Italia, con la Lega, con Fratelli d'Italia proprio sulla prescrizione, dopo decenni di battaglia con Berlusconi, sarebbe sicuramente un fatto grave». Luigi Di Maio ci mette il carico: «Mi si dice che potrebbe esserci un blitz in Parlamento sulla prescrizione - dice il capo politico M5s - Se qualcuno ha intenzione di votare quella legge che fa tornare ai tempi berlusconiani, spero che non sia qualcuno della maggioranza».

Il via libera alla riforma che può rendere gli imputati prigionieri a vita dei processi è dunque di nuovo in bilico? A sapere leggere i segnali, l'impressione è che al momento il Pd non abbia alcuna intenzione di mettersi di traverso. All'epoca dell'approvazione di questa riforma, votata da M5s e Lega con il patto verbale che sarebbe stata affiancata da un taglio dei tempi dei processi poi mai arrivato, i dem avevano espresso critiche feroci. Per cui, per mantenere un minimo di coerenza, il Nazareno tiene alto il livello di critica (interviene anche Zingaretti) ma non farà barricate.

In fondo, anche il giudizio dell'Anm è più cauto di quel che sembra. «Sarebbe errato - dice Poniz - attribuire gli squilibri alla riforma in sé e alla sua ratio ispiratrice». In sostanza, le toghe chiedono solo, come il Pd, un altro pezzo di riforma che renda più brevi i tempi del processo. Ottime intenzioni, che nascondono però il vuoto. «La riforma è già scritta», assicura il ministro Bonafede. Ma di concreto c'è ben poco. «Per ora - dice Enrico Costa, capogruppo di Forza Italia in commissione Giustizia alla Camera - c'è a malapena l'intenzione di una delega». Orlando del resto rassicura Bonafede e smentisce qualunque asse con il centrodestra. «Il Pd non è confuso, è in malafede e fa il gioco di Bonafede», motteggia Costa che cita un fatto incontrovertibile: in Commissione, paradossalmente, il Pd ha bocciato l'esame d'urgenza per la norma proposta da Costa che blocca la riforma Bonafede per tornare a quella di Orlando. Difficile immaginare che il 3 dicembre, quando a votare sarà l'aula, il Pd materializzi l'evocato asse con Fi.

Se i dem giocano sull'ambiguità ma non pungono, va detto che la bomba giustizia non è del tutto disinnescata: l'inchiesta sulla fondazione Open apre un fronte con Italia viva. L'Anm replica alle critiche di Renzi ai pm: «Basta attacchi». E alza le solite barricate sulla separazione delle carriere.

Nessun commento però sul fatto che a indagare su Open sia il procuratore capo di Firenze Giuseppe Creazzo, lo stesso che nelle intercettazioni delle riunioni notturne di alcuni membri del Csm era indicato da Luca Lotti come la toga a cui impedire l'approdo a procuratore capo di Roma. Il pm indaga sui suoi nemici «politici», ma pare che non sia un problema.

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