Il Pd si inventa la delirium tax

A Bologna il sindaco inasprisce l'imposta sulle pubblicità: tassati i menù in vetrina, gli zerbini, i cartoncini coi prezzi

Il Pd si inventa la delirium tax

Maria Pia Busacchi fa la farmacista. Qualche giorno fa ha preso carta e penna e ha esposto in vetrina un messaggio per tutti i passanti: "In un momento di crisi, multa di 1.500 euro pe i cartelli esposti in vetrina dopo avere pagato 1.100 euro per le insegne. Multatemi anche per questo cartello!". Nel giro di meno di un anno a Bologna sono state emesse 1.620 contestazioni relative a presunte pubblicità. Il sindaco piddì Virgilio Merola si è, infatti, messo in testa di voler spremere tutti i commercianti con la tassa sulla pubblicità in vetrina. Ma, fate attenzione, per pubblicità s'intende anche i menù esposti in vetrina nei bar e nei ristoranti, i cartoncini con i prezzi dei prodotti, i cartelli con gli orari di apertura e chiusura dei negozi e gli zerbini. Tanto che i bolognesi l'hanno già soprannominata "delirium tax".

Qualcuno, al Comune di Bologna, deve aver dato di matto. I commercianti sono in rivolta. Anche i ristoratori e gli artigiani non l'hanno presa. Anzi, per togliere quasiasi dubbio, sono letteralmente furenti. Perché hanno capito che l'amministrazione comunale sta sistemando il bilancio comunale tassando l'impossibile. Nei giorni scorsi la data italiana della Sensation white night, appuntamento dance dove dee jay e pubblico si vestono completamente di bianco e ballano per tutta la notte, è saltata: era prevista per il 18 aprile, ma è stata cancellata. "Siamo spiacenti - hanno scritto gli organizzatori su Facebook - a causa di aumenti imprevisti delle imposte applicate a Sensation rispetto allo scorso anno, siamo costretti a cancellare". L'Agenzia delle Entrate e la Siae hanno ricategorizzato Sensation nella sezione "intrattenimento danzante" causando un aumento delle imposte del 28%. "Ciò rende la situazione economica non affrontabile", hanno sentenziato gli organizzatori. I commercianti, però, non se la passano meglio. Come racconta Giorgio Ponziano su ItaliaOggi, tutto viene considerato pubblicità e quindi tassato: i menù esposti in vetrina nei bar e nei ristoranti, i cartelli con gli orari di apertura e chiusura dei negozi e persino i cartoncini con i prezzi dei prodotti. "Ma l'esposizione dei menù e dei prezzi è obbligatoriua per legge - spiega - se non vengono posti in evidenza si incorre in una sanzione per violazione della legge, se sono collocati al loro posto si incappa nella tassa".

Questa, insomma, è l'aria che tira a Bologna. Il centrodestra ha pure provato a mettere Merola con le spalle al muro. Ma il sindaco non si è presentato in consiglio comunale. Intanto, in città, la protesta monta. Un ottico, Gianni Monari, ha dovuto sborsare quasi tremila euro: gli sono stati contestati i cartoncini dei prezzi, il cartellone con le offerte del mese e le foto di nozze esposte in vetrina. A un negoziante che vende dischi, invece, sono state contestate le copertine dei 33 giri esposti in vestrina. Stessa scena per Diana Polazzi che ha scritto un cartello per informare i clienti che si accettano liste nozze. Di casi come questi ce ne sono a decine. Un tabaccaio, per esempio, è stato multato per aver scritto "self service aperto 24 ore su 24".

Ma il caso più assurdo è senza alcun dubbio quello di un gioielliere, Arrigo Veronesi, che è stato tassato per aver scritto le proprie iniziali sullo zerbino posto all'ingresso del negozio.

Ora, anche grazie a Merola, Bologna è al secondo posto in Italia per pressione fiscale.

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