Politica

Il Pd si scanna sulle primarie Renzi rimanda tutto a gennaio

Roma La notizia, per una volta, è che alla Direzione del Pd non si litiga né ci si divide: incredibilmente, tutti con Renzi. Ma qui finiscono le buone nuove per il premier: gli argomenti all'ordine del giorno del parlamentino democrat, ieri, erano la politica estera e l'emergenza terrorismo all'indomani della strage di Parigi, ed era piuttosto scontato che su questo non ci fossero distinguo e che il Pd spalleggiasse il proprio governo. Su tutto il resto, invece, il fossato interno al partito rischia di approfondirsi e diventa sempre più chiaro che la scadenza delle prossime amministrative è la deadline in vista della quale la fronda anti Renzi si sta attrezzando per assestare un colpo alla sua leadership. La sinistra Pd ha già tracciato il confine oltre il quale al premier sarà imputata una sconfitta: Roma, Milano e Napoli. Se si perdesse in una o più di queste città, a Renzi sarà chiesta una resa dei conti, non tanto sul governo quanto sul partito. Fino all'ipotesi di aprire la guerra contro il «doppio incarico» per spingere il premier a lasciare la segreteria Pd.La partita per le Comunali 2016 (la data più probabile, che allungherà i tempi della campagna elettorale, è quella del 12 giugno) si complica ogni giorno di più e la ricerca di candidati validi è in alto mare. Basta vedere il caso Napoli per capire le difficoltà in cui si dibatte il partito del premier. Ieri i due vicesegretari Debora Serracchiani e Lorenzo Guerini hanno annunciato la possibile introduzione di una nuova regola per le primarie, che è subito apparsa come una norma ad personam volta a tagliare la strada a un candidato inviso ai renziani come Antonio Bassolino. L'idea buttata lì dai due (che difficilmente lo avrebbero proposto all'unisono senza l'imprimatur del premier) è di escludere dalla corsa tutti coloro che siano già stati sindaci in passato: come Bassolino, appunto. E anche come Ignazio Marino, che ieri ha fatto sapere di sentire «il dovere di lavorare per salvare il Pd dal suicidio, soprattutto a Roma», confermando quindi le voci che lo darebbero pronto a tornare in campo candidandosi alle primarie.In poche ore, la proposta di Serracchiani e Guerini ha suscitato un putiferio. «Mezzucci - la liquida Bassolino - mi appello a Renzi, era stato lui a dire che non si cambiano le regole in corsa». Dalla minoranza si sono subito levate voci indignate: «Non si può pensare di risolvere con regole improvvisate, con invenzioni dell'ultima ora il problema della mancanza di una classe dirigente o di candidati che piacciono ai vertici», tuona Nico Stumpo. Ma anche nell'area renziana non sono mancate le proteste: «Considero inaccettabili discriminazioni su Bassolino e l'adozione di misure che ne impediscano la partecipazione alle primarie. Le regole non si cambiano in corsa», dice Umberto Ranieri, pure lui possibile candidato nelle primarie napoletane. Tanto fragorose e trasversali le proteste che dal Pd già si lascia intendere che, dopo aver visto le reazioni al ballon d'essai, la proposta possa tornare subito nel cassetto. In compenso, anche a Milano - dove si attende che Giuseppe Sala sciolga la riserva - ci sono tensioni, da quando è stata annunciata l'ipotesi di un «primarie day» unico in tutta Italia per il 20 di marzo (in modo da dare più tempo al Pd per individuare i candidati). L'uscente Pisapia si mette subito di traverso: «Legittimo che il Pd decida quando farle, ma a Milano le primarie sono di coalizione e restano fissate per il 7 febbraio».

A sera Renzi chiede «una moratoria» sulla questione primarie: «Ne discuteremo a gennaio, in una nuova Direzione».

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