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Il Pd smentisce il patto contro il rimpasto. Ma la linea resta la stessa: nessuna crisi

Aria di tracollo, i dem blindano il governo. Delrio: "La segreteria Zingaretti non rischia"

Il Pd smentisce il patto contro il rimpasto. Ma la linea resta la stessa: nessuna crisi

Il Pd si arrocca e allontana venti di crisi sull'esecutivo Conte. Al Nazareno si annusa odore di tracollo elettorale al voto del 20 e 21 settembre. I leader dem si affrettano a sganciare l'esito del voto dalle sorti dell'esecutivo. Il segretario del Pd Nicola Zingaretti nega un patto (svelato dal Giornale) con Giuseppe Conte per blindare il governo anche nello scenario di una batosta elettorale. Ma in fondo è una conferma dell'accordo tra Conte e Zingaretti per non cambiare nulla. E soprattutto per tenersi ben strette le due rispettive poltrone. Linea confermata dalle dichiarazioni rilasciate nel corso della giornata di ieri dai big dem.

C'è chi come il vicesegretario Andrea Orlando vorrebbe mettere mano alla squadra dei ministri. Ma anche su questa ipotesi Zingaretti si mostra freddo. «Il tema non è il rimpasto, ma capire qual è l'assetto migliore dal punto di vista organizzativo per gestire il Recovery Fund. Io mi auguro che l'attuale assetto sia quello più adeguato, una riflessione andrà fatta, e il tema non è connesso alle regionali, è connesso al fatto che entriamo in una fase molto nuova, impegnativa, diversa da quella che abbiamo alle nostre spalle» commenta Orlando, impegnato a Matera per una iniziativa in vista delle elezioni comunali.

L'ex ministro della Giustizia pone un tema: molti big del Pd non avevano scommesso sulla tenuta del Conte bis. Preferendo restare fuori dalla rosa dei ministri. Ora con la prospettiva di un governo di legislatura vorrebbero sedersi sulle poltrone dei ministeri. «Il governo Conte non si tocca», ribatte al Fatto Quotidiano Goffredo Bettini: «Sarebbe avventuroso provocare la caduta del governo Conte. Sarebbe un regalo ai potentati». «Come Pd rileva Bettini - siamo usciti dall'isolamento, siamo tornati al centro della scena politica. Ora questa fase è finita, si apre la fase della ricostruzione e per questo serve attorno a Conte un'alleanza più unita. Costituita non da forze che competono aspramente tra loro ma al contrario capaci di elaborare una visione comune sul futuro del Paese». E per Bettini anche la guida del Pd deve restare salda nelle mani di Zingaretti: «Se si indebolisce il Pd e la leadership di Zingaretti, si indebolisce Conte. Ci sono forze che vogliono normalizzare il Paese e colpire un governo libero». Sulla stessa linea Graziano Delrio: «Zingaretti ha fatto quello che doveva fare. La sua segreteria non rischia».

Comunque vada il governo resta al suo posto. È il messaggio che in sintesi lancia il ministro della Difesa Lorenzo Guerini: «La realtà è che c'è un governo con una solida maggioranza parlamentare che sta lavorando per il Paese, per la ripartenza. Abbiamo tante questioni di cui dobbiamo occuparci e c'è un passaggio politico importante che è quello delle elezioni regionali che chiaramente hanno anche un riflesso politico generale. Però non c'è un collegamento tra le elezioni regionali del prossimo week end e il Governo».

Zingaretti apre a una discussione post regionali. A patto però che non sia messa in discussione la tenuta dell'esecutivo: «Io credo che si voti soprattutto per le regionali, ma sarebbe ipocrita dire che il voto non conti niente dal punto di vista politico. Si apriranno delle valutazioni, è normale in democrazia. Quindi dopo il voto ci sarà una discussione da prendere e da valutare» - precisa nel corso del programma Unomattina. Ma avverte: «Dico agli italiani di tenere lontani i gattopardi che appena sentono profumo di soldi ricompaiono facendo confusione». E dunque nel Pd si discute. Si valutano le conseguenze post-voto.

Ma c'è unità su un punto: le poltrone non si mollano.

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