Il Pd vuole sabotare Fitto: valuteremo l'ok in Europa

I dem temono l'assist alla Meloni. Il centrodestra: "Sarebbe contro l'Italia". Quando Fdi votò Gentiloni

Il Pd vuole sabotare Fitto: valuteremo l'ok in Europa
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Chissà, forse, vedremo. Insomma, dice Elly Schlein, prima di votare per Fitto come commissario Ue «dobbiamo valutare quale sarà il portafoglio, quali le deleghe». Indicato da Palazzo Chigi, il ministro per gli Affari europei è in corsa per un incarico pesante, magari anche una vicepresidenza esecutiva, ma la segretaria del Pd, che ha buona parte del suo partito contraria, prende tempo e cerca di alzare la posta. Il dubbio è tutto politico. Meglio fare gioco di squadra e concedere una vittoria d'immagine alla Meloni o passare per quelli non difendono l'interesse nazionale? Il centrodestra attende al varco. «Si dimostrerà con chiarezza il senso di responsabilità delle opposizioni - spiega Maurizio Lupi - Un no a Fitto sarebbe molto grave, si tratterebbe di un voto contro l'Italia».

Intanto quello della Schlein è un ni. «Noi - insiste parlando al Forum di Cernobbio - stiamo aspettando ancora di capire il portafoglio e abbiamo già chiesto al governo di chiarire chi e come verranno seguiti i dossier oggi nelle mani di Raffaele Fitto perché sono rilevantissimi per l'Italia. L'attuazione del Pnrr, i fondi di coesione e programmazione. Non ci possiamo permettere rallentamenti su questi punti». Dunque, nulla di personale, come puntualizza il vicesegretario Francesco Boccia. «Il giudizio non è sul ministro, che è una persona competente. Vedremo quali saranno le deleghe. Ci interessa di sapere quale sarà la sua prospettiva nell'impegno da commissario Ue».

Né sì né no, la porta del Nazareno resta semichiusa. Per la Schlein, che già fatica a mettere insieme le varie anime del suo campo larghissimo, è un vero rompicapo. Come si fa a sostenere Fitto spianando così la strada alla premier nella sua marcia nell'Europa che conta? D'altro canto, come si fa a non sostenerlo, visto il precedente? Cinque anni fa, a ottobre del 2019, il commissario all'Economia candidato per l'Italia Paolo Gentiloni sfilò davanti al Parlamento dell'Unione per ottenere la fiducia. C'era anche Raffaele Fitto, all'epoca copresidente del gruppo dei conservatori, che garantì il voto dell'Ecr, favorendo la nomina dell'ex premier. Che nei giorni scorsi infatti ha rivolto al suo possibile successore «complimenti e auguri».

Il centrodestra lasciò da parte le polemiche e decise di seguire un «percorso di interesse nazionale». Gentiloni in quel momento non era un rivale politico ma il rappresentante del Paese a Bruxelles. Persino Silvio Berlusconi nonostante le sue condizioni di salute si presentò all'audizione, per rimarcare il senso della scelta. Che farà quindi il centro sinistra? Matteo Renzi sostiene che l'opposizione ha «il dovere di difendere» comunque il profilo proposto dalla Meloni, e così la pensano diversi personaggi dell'area riformista del Pd, da Stefano Bonaccini a Antonio Decaro. E Pierferdinando Casini: Passa proprio da queste decisioni la possibilità di costruire un'alternativa di governo seria e credibile. Fitto sarebbe il commissario italiano, non l'uomo di Palazzo Chigi.

La palla quindi è nelle mani di Elli. Ingoierà il rospo? C'è da notare che la vicepresidenza esecutiva trasformerebbe il ministro per gli Affari europei in uno dei quattro di pilastri di Ursula von der Leyen e gli attribuirebbe compiti di coordinamento sugli altri commissari. Senza scordare i quasi mille miliardi di portafoglio, il tesoretto di chi avrà la competenza sui Pnrr e i fondi di coesione. Altro che Meloni isolata.

Per cercare di attutire il colpo, senza passare per nemici del proprio Paese, al Pd non resta che sperare, o lavorare discretamente, perché a Fitto non vengano attribuite delle deleghe così importanti, bensì soltanto una vicepresidenza di facciata. Si vedrà.

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