Pechino e Tianjin come Wuhan. E la Cina ripiomba nell'incubo

Nella capitale crescono ancora i casi generati al mercato. In campo 100mila sanitari: stop ai voli e test di massa

Pechino e Tianjin come Wuhan. E la Cina ripiomba nell'incubo

Centomila operatori sanitari in campo e 85 presidi ospedalieri dedicati esclusivamente al Covid. Pechino non solo teme una seconda Wuhan, ma sospetta che i numeri possano diventare di gran lunga superiori rispetto a quelli della prima epidemia, soprattutto da quando sarebbe stato scoperto a Tianjin un secondo focolaio. «In base alla curva epidemiologica abbiamo individuato i casi al loro stadio iniziale. Ora il trend è ancora in ascesa - spiega Pang Xinghuo, vicedirettrice del Centro per la prevenzione e il controllo delle malattie infettive -. L'attuale focolaio è molto attivo e non è escluso un ulteriore incremento di contagi». L'area epidemica di Pechino è potenzialmente più contagiosa di quella dello Hubei, considerato il numero importante di casi emersi nel giro di pochi giorni. Nella giornata di ieri sono stati individuati altri 31 contagi in città, un numero che porta a 137 il totale degli ultimi cinque giorni. L'epicentro della recrudescenza del Coronavirus è lo Xinfadi Market, il più importante polo alimentare della metropoli. Sabato scorso il direttore del mercato aveva riferito che tracce di virus erano state trovate sui taglieri sui quali si affetta il salmone importato, mentre lunedì le autorità sanitarie avevano affermato che il tipo di virus rilevato nel nuovo focolaio proveniva da un grosso ceppo epidemico europeo. Le notizie avevano fatto sparire il salmone dai banchi dei supermercati della capitale, ma un incontro tra le autorità cinesi e norvegesi ha portato all'esclusione del pesce dalla lista dei sospettati, notizia confermata dal ministro delle Attività mercantili di Oslo Emil Ingebrigtsen. Secondo Bjorn Olav Kvamme del Norwegian Institute for Marine Research, è poco probabile che l'infezione provenga direttamente dal salmone, «potrebbe esserci piuttosto una contaminazione del prodotto o degli strumenti utilizzati per sfilettarlo». Affermazione che collima con quanto sostiene ormai da giorni l'ambasciatore della Corea del Sud a Pechino, Kim Jang-soo. Il diplomatico racconta che «la nuova epidemia è stata portata in città dai contadini delle aree rurali. Al termine del primo lockdown hanno ripreso a vendere la loro merce allo Xinfadi, ma nessuno è stato sottoposto al tampone, né a Pechino e neppure nelle aree di provenienza».

Dal 13 giugno sono più di 356mila i test eseguiti sulla popolazione a un ritmo serrato e continuo, con lunghe ed estenuanti code davanti ai numerosi laboratori messi a punto, anche mobili. Secondo le autorità municipali, il potenziale è di 400mila test al giorno grazie ai 100mila operatori sanitari in campo. Il lockdown, per ora esteso a 11 dei 18 distretti di Pechino, ha interessato anche gli aeroporti, con la cancellazione di 1.255 voli in arrivo e in partenza, pari a circa il 70 per cento del totale. A partire da oggi verranno inoltre chiuse tutte le scuole primarie e secondarie.

Pechino non sarebbe purtroppo l'unico epicentro della seconda fase del Covid-19. Secondo quanto trapelato ieri sera da fonti vicine al consolato francese, un nuovo focolaio si è acceso a Tianjin, città di 16 milioni di abitanti, 100 km a sud dalla capitale.

Il «paziente zero» è un aiuto-cuoco 22enne del ristorante «Conrad» che martedì si è recato spontaneamente al pronto soccorso del Santan Hospital per gravi problemi respiratori. Sottoposto al tampone, il ragazzo è risultato positivo. A vario titolo sono state poste in quarantena 93 persone tra addetti alla cucina, camerieri e clienti del ristorante.

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