Da Pelosi "sì orgoglioso", ma Obama tace. E spunta anche l'insidia delle mini-primarie

Resta l'ipotesi della convention aperta con mille incognite

Da Pelosi "sì orgoglioso", ma Obama tace. E spunta anche l'insidia delle mini-primarie
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Kamala Harris è in pole position per ottenere la nomination democratica per le elezioni del 5 novembre contro Donald Trump, e la strada verso la Convention di Chicago, salvo colpi di scena, sembra in discesa. La vicepresidente potrebbe evitare con ogni probabilità anche le mini primarie visto che tutti i suoi principali potenziali sfidanti le hanno già dato l'endorsement, compresi i governatori di California, Michigan, Pennsylvania, Illinois, Minnesota, Wisconsin e Kentucky. Oltre ad avere il sostegno di Joe Biden, di Bill e Hillary Clinton. Rimangono tuttavia alcune incognite lungo il percorso, in primis il fatto che un peso massimo del partito come Barack Obama (e Michelle) non ha per ora fornito il suo appoggio alla prima donna afroamericana diventata vicepresidente degli Usa. «Nei prossimi giorni navigheremo in territori inesplorati», sottolinea il 44esimo comandante in capo.

Un'altra figura di spicco come l'ex speaker della Camera Nancy Pelosi (nella foto) è rimasta a lungo in silenzio, ma poi si è esposta nella serata italiana, annunciando di sostenere Harris «con immenso orgoglio e illimitato ottimismo». Harris ha ottenuto anche l'appoggio di Adams Schiff, il deputato alleato di Pelosi, il quale afferma: «Sono contento di sostenerla, ha la leadership e la tenacia che serve per battere Trump. La posta in gioco è alta e dobbiamo concentrare le nostre energie per eleggere Kamala».

I vertici della commissione regolamenti della Convention dell'Asinello, intanto, hanno spiegato che è responsabilità del loro panel stabilire un quadro per selezionare il nuovo nominato del partito, e che sarà un processo «aperto, trasparente, equo e ordinato», nonché «completo e rapido». Se ci fossero sfidanti si andrebbe verso una Convention aperta, con mini primarie prima o durante la kermesse in programma dal 19 al 22 agosto, e costoro dovrebbero contendersi i delegati vinti da Biden alle primarie. Se nessuno passasse al primo turno entrerebbero in gioco i 700 superdelegati, ossia dirigenti ed eletti del partito.

Lo scenario di una convention aperta è complesso perché si rischiano spaccature, divisioni e soprattutto di alienare il voto delle donne e degli afroamericani, zoccolo duro dell'elettorato democratico. Ma se l'unica candidata sarà Harris, ipotesi che appare più probabile dopo gli sviluppi delle ultime ore, Biden dovrà da qui al 19 agosto assicurarsi di essere in grado di proporre ai 3.894 delegati riuniti nella città dell'Illinois di votare per lei (finora, secondo la Cnn, la vice presidente ha ottenuto l'appoggio di oltre 500 delegati, ma il numero è destinato a crescere nei prossimi giorni e settimane). A quel punto si porrebbe solo il problema di scegliere e confermare il suo vice, sempre in quell'appuntamento. Rimane invece l'incognita della scadenza del 7 agosto, ovvero la scadenza dell'Ohio per la registrazione dei candidati.

A giugno il governatore dello stato, Mike DeWine, ha firmato una legge che sposta tale scadenza a settembre, ma poiché il provvedimento di fatto entrerà in vigore proprio quel mese e non prima, i democratici vogliono accelerare il processo.

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