Le Pen in ansia: è a corto di firme. Macron ruba l'ex ministro di Sarkò

La leader dell'ultradestra non ha ancora la ratifica di 500 eletti per candidarsi. Woerth con il presidente

Le Pen in ansia: è a corto di firme. Macron ruba l'ex ministro di Sarkò

«Sono veramente preoccupata», spiega Marine Le Pen ai microfoni di Europe 1, a due mesi esatti dalle presidenziali del 10 aprile. Ma a impensierire la leader dell'ultradestra francese è un'altra data, il 4 marzo, termine ultimo entro il quale i candidati in corsa per l'Eliseo devono presentare al Consiglio Costituzionale almeno 500 firme di francesi «eletti» - sindaci, deputati, eurodeputati o consiglieri comunali - per poter partecipare alle elezioni della più alta carica dello Stato francese, come prevede un sistema in vigore da quando esiste l'elezione a suffragio diretto del presidente della Repubblica.

La ragione della preoccupazione di Le Pen non è difficile da comprendere. Il capo di Stato in carica, Emmanuel Macron, non ha ancora annunciato la sua candidatura ufficiale ma ha già raccolto 926 firme - quasi il doppio di quelle richieste - e ieri ha strappato anche l'endorsement dell'ex ministro delle Finanze e del Lavoro di Nicolas Sarkozy, il deputato dei Républicains, Eric Woerth, protagonista di un pesante sgambetto alla candidata del centrodestra Valérie Pécresse. Al contrario, la leader del Rassemblement National - già arrivata al ballottaggio contro Macron nel 2017 - ha annunciato dieci mesi fa che correrà per l'Eliseo per la terza volta ma è ancora ufficialmente a quota 139 firme, anche se annuncia con certezza di averne in tasca «400 e oltre», mentre deve pure fare i conti con il tradimento politico del padre Jean-Marie e della nipote Marion Maréchal, passati a fare il tifo per il rivale di estrema destra Eric Zemmour.

Uno stress non da poco per l'erede del Front National, che i sondaggi danno ancora a un passo dal secondo turno, ma stavolta senza certezze. Se Macron è ancora in testa nei sondaggi con l'ultimo Ifop-Fiducial 2022 che dà il presidente al 25%, Le Pen è al secondo posto con il 17,5%, tallonata proprio dalla moderata Pécresse (15,5%) e costretta a una doppia battaglia con il saggista anti-islam Zemmour, che arriva quarto al 14,5% ma ha recuperato terreno (+1%), seguito da Jean-Luc Mélenchon al 10%. Ed eccolo il paradosso del sistema che preoccupa madame Le Pen, tanto da spingerla a parlare di «grave problema democratico». Non solo a Marine mancano ancora almeno un centinaio di firme, ma chi è fanalino di coda nei sondaggi, come la sindaca di Parigi, la socialista Anne Hidalgo (ferma al 2,5% nelle intenzioni di voto), di firme ne ha già trovate in abbondanza ed è a quota 652, seguita - udite udite - dalla leader del partito di estrema sinistra Lotta operaia, Nathalie Arthaud, ferma all'1%, ma a quota 368 firme su 500. Le Pen paga il prezzo della vergogna, come Eric Zemmour che di firme ne ha appena 149. Entrambi sembrano vittime dell'emarginazione a cui li stanno relegando molti «eletti», chiamati a partecipare al procedimento democratico ma imbarazzati dall'apporre la propria firma sotto due nomi scomodi. Le Pen invita a cambiare il sistema: «Milioni di elettori francesi dovrebbero ribellarsi a questa situazione», spiega la sfidante di Macron, che nel 2017, al ballottaggio contro il leader de «La Republique En Marche», incassò oltre 10 milioni e mezzo di consensi dai francesi. Marine strappa la solidarietà del centrista e leader dei Modem, François Bayrou, che promette di mobilitare i propri sindaci se non si arriverà alle fatidiche 500 firme a due settimane dalla scadenza del 4 marzo. La corsa, a quel punto, entrerà davvero nel vivo, con un Macron ora ringalluzzito dall'appoggio di Eric Woerth, presidente della Commissione finanze dell'Assemblea nazionale, pronto a lasciare i Républicains per il partito del presidente.

«La mia formazione politica, di cui sono membro dal 1981 - ha detto attaccando i neogollisti - è andata alla deriva. Descrive una Francia che non è la mia, nostalgica e ripiegata su se stessa. Macron è il migliore a difendere gli interessi della Francia e dei francesi».

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