Prima la riunione con i dirigenti del Rassemblement National, «soddisfatta» per la notte elettorale. Poi la visita a sorpresa nel Dipartimento dello Yonne, 130 chilometri a sud-est di Parigi, dove ha incontrato alcuni agricoltori, segno del suo dialogo aperto con la Francia rurale, dove domenica ha staccato gli avversari alle urne. Oggi la conferenza stampa in cui parlerà del suo piano «per la rivitalizzazione della democrazia». Nel mezzo, le nuove stilettate contro l'avversario Emmanuel Macron: «Quando è in difficoltà, offre assegni» senza voler toccare «le strutture fondamentali dell'economia». E sul rischio di un'uscita di fatto della Francia dalla Ue, una Frexit non proclamata se fosse lei a vincere, spiega che l'obiettivo è «far evolvere la struttura», per un'Europa «che non costringa i Paesi ad accettare misure contro i loro interessi vitali».
Mai come stavolta Marine Le Pen ci crede. E mai come stavolta si gioca il destino politico al terzo tentativo per la presidenza e al secondo ballottaggio della vita, con molta probabilità l'ultimo. Da «diavolo» a possibile «prima presidente donna della Repubblica francese», il passo non è stato breve. E Marine rischia ancora lo sgambetto del «fronte repubblicano», che dai tempi di papà Jean-Marie Le Pen ha sempre voluto stabilire un «cordone sanitario» per tenere l'estrema destra fuori dall'Eliseo. «È un modo di farsi salvare, quando non te lo meriti», ha detto ieri lapidaria. Stavolta la somma dei partiti anti-sistema è al 50% e un quarto degli elettori non ha votato al primo turno. I sondaggi danno Macron vincitore il 24 aprile, ma la partita è aperta più che mai e Marine ha già fatto un miracolo nelle ultime due settimane di campagna elettorale, quando ha neutralizzato l'«effetto bandiera», pro-Macron, di un Paese spaventato dalla guerra in Ucraina.
Quel 23,1% strappato al primo turno (8,1 milioni di voti), contro il 27,8% di Macron (9,7 milioni), significa che Le Pen, come Macron, ha guadagnato ancora sulle macerie dei partiti tradizionali rispetto al 21,3% del 2017 (Macron era al 24%). Marine ha portato l'estrema destra al risultato migliore delle presidenziali. Mai così vicina all'Eliseo, ha superato se stessa e un quarto dei votanti la vede ormai capace di farsi «statista», nonostante il marchio di «estremista» non smetta di accompagnarla.
La strategia vincente? Un approccio meno aggressivo, la volontà di distinguersi dal «presidente del caos» che ha scatenato la crisi dei gilet gialli e i «convogli della libertà» contro le misure anti-Covid. Marine è riuscita ad affermarsi come leader che parla alle classi popolari e medie, mentre il presidente strizza l'occhio alle élite. Un grande pragmatismo le è servito inoltre per parlare del potere d'acquisto dei francesi mentre Macron incontrava e chiamava Vladimir Putin, senza successo. Come se non bastasse, oltre a Eric Zemmour, nei confronti del quale è apparsa una leader «moderata», anche i gatti, che adora, l'hanno resa più umana di fronte agli elettori. Ne ha almeno sei, tutti Bengala, molti altri ne alleva dopo aver preso un diploma ad hoc durante la pandemia. E quei felini sono diventati il segno della frattura umana e politica con il padre, dopo che il doberman di Jean-Marie, nel 2014 sbranò la gatta di Marine, e lei abbandonò la casa paterna. Nel 2018 nacque il Rassemblement National, un cambio di nome per un restyling che superasse il Front National, sempre in odore di fascismo, anche per le frasi sulle camere a gas «dettaglio della storia», che procurarono al padre l'espulsione e a Marine l'occasione per sbarazzarsi di certi eccessi.
Da allora ha lavorato su un'immagine più morbida, impegnata su contenuti cari alla classe operaia e alle piccole e medie imprese, amata dai giovani che le hanno accordato il 26% delle preferenze domenica (Ipsos), seconda a Mélenchon nella fascia 18-24 anni (in cui l'astensione
ha toccato il record del 42%). Le Pen si propone come la «presidente della pace civile»: «Voglio l'unione nazionale», dice. Dovrà superare il rischio che anche stavolta la Francia si unisca, ma contro di lei e non per lei.
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