È ancora caccia alle risorse per far quadrare i conti della Legge di Bilancio 2019. Ieri è stata una giornata caratterizzata dal botta e risposta tra i vicepremier Matteo Salvini e Luigi Di Maio su reddito di cittadinanza e flat tax, ma gli sforzi del ministero dell'Economia sono ancora concentrati sulle coperture. Ad esempio quelle necessarie a finanziare la riforma delle pensioni firmata da Elsa Fornero e Mario Monti.
La Lega punta molto sulla proposta che comprende quota 100 (dalla somma degli anni di contribuzione e dell'età) e il limite per il ritiro a 62 anni (in realtà 64). Ma i costi sono enormi e al momento il capitolo pensioni, alla voce entrate, può contare solo su pochi milioni garantiti dal taglio delle pensioni d'oro. Per questo si parla di soluzioni tecniche che garantirebbero fino a tre miliardi di euro. Cifra di tutto rispetto, che non può essere trovata con qualche intervento da fare tra le pieghe del bilancio dello Stato. Bocche cucite al governo su quali interventi si nascondano dietro quella cifra. Facile che si tratti di un mix di nuove entrate (ad esempio contributi più cari) e da tagli ad alcuni sussidi. Si sa già che la prossima legge di Bilancio metterà mano a tutte le misure di sostegno al reddito oggi in vigore. Sono percepite da circa 900mila persone, concentrate per lo più al Sud. Si va dalle misure riformate recentemente come il Rei agli assegni per le famiglie numerose al bonus bebè. Ma è più probabile che le risorse tagliate a queste misure vadano a coprire i costi considerevoli del reddito di cittadinanza.
Oggi i leader della maggioranza e i ministri economici si riuniranno per fare il punto. La distanza tra le posizioni dei de partiti è emersa dallo scambio di battute tra Salvini e Di Maio. Il primo sul reddito di cittadinanza («non per stare sul divano»), il secondo sulla Flat Tax («non deve aiutare i ricchi, ma una classe media e ceti più disagiati. Se sarà questo, non avremo nessun problema».
Tra i due, ha assicurato Alberto Bagnai, presidente della commissione Finanze del Senato, «certamente c'è una sintesi politica in corso. Dal ministro Tria stiamo aspettando i risultati della mediazione tecnica tra le nostre priorità e quelle del Movimento Cinque Stelle».
Il responsabile di via XX settembre è appunto a caccia di coperture credibili per le misure che i due partiti di maggioranza considerano irrinunciabili. Ci sono circa 15 miliardi tra sterilizzazione delle clausole di salvaguardia, per scongiurare gli aumenti dell'Iva e le spese obbligatorie. Poi almeno altri 15 miliardi per coprire le misure sponsorizzate dalla Lega (pensioni, meno tasse per partite Iva e imprese, tagli alle accise) e dal M5S (reddito di cittadinanza). Tra le spese spuntate negli ultimi giorni, ci sono 500 milioni di euro per gli stipendi degli statali. Se il governo non li stanziasse - ha rivelato ieri il Messaggero -, le buste paga di circa 300mila dipendenti pubblici sarebbe decurtate (effetto dell'ultimo rinnovo del contratto della Pa).
Poi ci
sono i 500 milioni per il fondo per i rimborsi ai risparmiatori vittime delle crisi bancarie. Una misura fortemente voluta dal vice presidente del Consiglio Di Maio. Tutto da coprire, con tagli alle spese o nuove entrate.
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