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Pensioni d'oro, la Lega frena: slittano taglio e quota 100

Misure sparite dalla manovra. Accordo nel governo per rimettere la discussione all'esame del Parlamento

Pensioni d'oro, la Lega frena: slittano taglio e quota 100

Taglio alle pensioni d'oro in standby. Assente nel testo della legge di bilancio, appeso a un accordo politico abbozzato ieri sera, ma ancora non concluso. Altro passaggio complicato dal clima che si respira in questi giorni nella maggioranza. Il testo definitivo della Legge di Bilancio, a 16 giorni dall'approvazione da parte del consiglio dei ministri, è approdato al Quirinale. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha firmato il testo e oggi il testo approderà in Parlamento.

Tutta la materia previdenziale è scomparsa dal disegno di legge. Come previsto non c'è quota 100, se non nella creazione di un fondo con uno stanziamento preciso (6,7 miliardi nel 2019 contro i 9 miliardi del reddito di cittadinanza). Ma nella versione bollinata dalla Ragioneria dello Stato mancano anche tutti i pezzi della riforma che avrebbero dovuto contribuito a finanziare in parte la fine della legge Fornero. La rimodulazione delle finestre e, sopratutto, il taglio alle pensioni più alte.

«Finirà nel decreto, insieme a quota 100», assicurava ieri un esponente del governo.

In serata il capitolo previdenziale ha preso una strada diversa. Si è pensato di inserire il taglio alle pensioni d'oro in un emendamento da presentare in Commissione. L'intesa M5S/ Lega dovrebbe prevedere l'esclusione delle pensioni contributive, quelle sotto i 90 mila euro e le casse complementari.

Materia complicata. I 5 stelle sono schierati per un ricalcolo della parte retributiva della pensione, la Lega per un contributo di solidarietà, temporaneo.

Ieri sera, dopo la notizia dell'accordo, il sottosegretario leghista allo Sviluppo economico Dario Galli, ha spiegato che c'è bisogno di un ulteriore «approfondimento tecnico», che andrà avanti nelle prossime settimane. Il rinvio non può che riaprire dubbi e anche divergenze. Non solo tra i due partiti di maggioranza.

Non è un mistero che la riforma delle pensioni sia la misura della manovra meno apprezzata a Bruxelles. E che il ministro dell'Economia Giovanni Tria stia cercando un modo di rendere accettabile la manovra. Anche dilazionando il più possibile i tempi della riforma previdenziale, di fatto tagliandone il costo, se non nella competenza, nella cassa.

Il meccanismo che potrebbe portare l'Italia a una procedura di infrazione è scattato. Ieri i tecnici della Commissione hanno iniziato a preparare il rapporto che constaterà la violazione delle regole da parte dell'Italia. La beffa per il governo è che la procedura non riguarderà, perlomeno direttamente, il deficit al 2,4%, ma il debito del 2017.

Il debito pubblico italiano non si è mai ridotto nella misura richiesta dall'Ue. La procedura di infrazione è stata evitata dal precedente governo perché il percorso di riduzione del deficit era stato giudicato soddisfacente. Ora quel percorso si è interrotto e per l'Italia si riapre la possibilità di una procedura per debito eccessivo.

La partita di Tria per ottenere uno sconto è complicata. Un possibile compromesso potrebbe essere quello di ristabilire a partire dal 2020 una discesa del deficit strutturale più marcata rispetto a quella prevista dal Def aggiornato. Sarebbe il segnale che l'Italia intende riprendere il percorso verso il pareggio di bilancio.

Un altra soluzione è che le misure più costose (reddito di cittadinanza e riforma delle pensioni) siano di fatto svuotate, rendendo l'adesione complicata, oppure dilazionata nel tempo. In questo modo ci sarebbero stanziamenti nei fondi previsti dalla legge corrispondenti agli impegni. Ma la cassa sarebbe inferiore e il deficit, a fine anno, scenderebbe sotto il 2,4%. Magari a quell'1,9% che voleva Tria.

Nel testo definitivo della manovra è scomparso un riferimento diretto l'aumento di 100 milioni del fondo «politiche per la famiglia». Ma il governo ha assicurato che sarà confermato nelle tabelle della legge, visto che si tratta «del potenziamento di un fondo esistente».

Per il resto poche sorprese. La riduzione delle spese militari per «60 milioni annui a decorrere dall'anno 2019 e di ulteriori euro 531 milioni nel periodo dal 2019 - 2031». Poi l'aumento delle spese del fondo politiche migratorie di tre milioni all'anno.

Nuovi dettagli sul fondo per le vittime dei fallimenti bancari. La dotazione del fondo da 525 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021 sarà alimentato anche dai conti correnti dormienti, cioè i depositi che giacciono in banca senza movimenti da almeno 10 anni.

Si quantifica il taglio ai trasferimenti alle regioni che rifiuteranno di ridurre i vitalizi dei consiglieri. Dovranno rinunciare all'80% dei trasferimenti erariali.

Sono comprese anche le province autonome e anche le regioni a statuto speciale, come la Sicilia.

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