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Pensioni, muro sindacati. E Draghi lascia il tavolo

Clima teso al summit. Stop di Cgil, Cisl e Uil. "Non si torni alla Fornero o sarà sciopero"

Pensioni, muro sindacati. E Draghi lascia il tavolo

Il premier Mario Draghi prova a disinnescare la bomba di uno sciopero generale sulle pensioni. Riunisce a Palazzo Chigi i leader di Cgil, Cisl e Uil per trovare la quadra sul superamento di quota 100. La vigilia è accesa dalla minaccia del leader della Cgil Maurizio Landini di portare in piazza milioni di lavoratori e pensionati per bloccare il piano dell'esecutivo di rivedere i criteri per andare in pensione. Ma anche Pd e Lega fanno trapelare malumori. Il compromesso, in via definizione, non silenzia le organizzazioni sindacali: «L'impianto della manovra non è accettabile», fanno sapere i leader della triplice. «Se poi la risposta sarà il ritorno alla legge Fornero, noi non ci stiamo», avverte il segretario generale della Uil Pierpaolo Bombardieri.

Draghi non arretra: «Dal sistema contributivo non si torna indietro», mette in chiaro il premier che abbandona anzitempo il summit e lascia a trattare i suoi ministri Franco, Brunetta e Orlando. Il rischio di una mobilitazione di piazza resta sullo sfondo. La trattativa riprende oggi. Ma lo strappo è dietro l'angolo.

Il governo rassicura i sindacati che Ape e opzione donna verranno prorogati di un solo anno. L'Ape sarà comunque rafforzata. La manovra approderà in Consiglio dei ministri domani per le ultime modifiche. Mentre oggi il governo si riunirà per il via libera a un decreto legge che semplificherà la realizzazione del Pnrr. Ma non si esclude che il Carroccio possa chiedere un nuovo incontro al premier.

I fronti su cui si discuterà fino alla fine sono due: pensioni e superbonus. Il punto di caduta, oltre il quale il presidente del Consiglio non vuole spingersi, porta a un superamento graduale, nell'arco di due anni, di quota 100. «La legge Fornero, che vigeva prima di quota 100, va corretta», spiega il ministro Orlando.

Lo schema prevede un sistema di quote con la combinazione di alcuni fattori. Nel 2022 scatterà quota 102: 62 anni e 39 anni di contributi. Nel 2023 sarà quota 103: 63 anni e 40 anni di contributi. Si tratta sulla durata: dai 12 mesi, per quota 102, ai 24 mesi per quota 103. La Lega però insiste: obiettivo quota 41, ovvero la possibilità di lasciare l'impiego dopo 41 anni di contributi. E poi: quota 104 nel 2023 (41 anni di contributi con 63 anni di età).

Nella riforma, che il governo Draghi si appresta a varare, vengono introdotte le deroghe. Saranno concesse per le fasce fragili: lavoratori di Pmi in difficoltà, operai di attività usuranti. Per tutti queste categorie sarà data l'opzione un'uscita agevolata. Il braccio di ferro tra Draghi e i sindacati va avanti su un altro punto: l'istituzione di un fondo per l'uscita agevolata, fuori dalle quote, dei lavoratori di imprese con meno di 15 dipendenti. Non c'è intesa sul punto. L'offerta per ora viene giudicata come una mezza sconfitta per i sindacati. L'altro fronte aperto nel governo riguarda il rifinanziamento del superbonus al 110: la misura per le case unifamiliari e villette è in scadenza a giugno 2022. La trattativa (i 5stelle vogliono la riconferma in toto della misura) si infiamma dopo la dichiarazione del sottosegretario all'Economia Maria Cecilia Guerra: «L'idea del governo è di accompagnare il superamento di questa misura che è stata importante per sostenere l'economia in un momento di crisi e anche indirizzare risorse sull'efficientamento energetico e antisismico degli edifici, a una riduzione e poi a una abolizione».

Parole che fanno risalire la tensione. Ma anche su questo dossier c'è un punto di caduta: la misura sarà rifinanziata per tutto il 2022.

Con il limite del reddito.

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