Mentre i media (giornali e tivù) si occupano ossessivamente del matrimonio di George Clooney, un evento privo di qualsiasi benché minimo interesse se non per lui, che pur avendo 53 anni non si rende ancora conto di che cosa l'aspetta, il mondo va avanti oppure indietro, dipende dai punti di vista. Auguriamo all'attore americano di vivere felice, o almeno non troppo scontento, con la sua nuova metà, ma ci sia consentito esprimere preoccupazione per ciò che sta accadendo sul piano internazionale tra l'indifferenza (e la rassegnazione) dell'opinione pubblica. Ci riferiamo in particolare alla situazione dell'Afghanistan, pressoché ignorata da tutti, per noia o assuefazione.
Si dà il caso che fra tre mesi la missione occidentale in quel Paese (chiamiamola correttamente guerra) giungerà al termine, di conseguenza i nostri contingenti militari, come quelli statunitensi e di altri alleati, torneranno a casa, eccetto un esiguo numero di soldati che rimarranno in loco quali osservatori. Significa che il conflitto, iniziatosi nel 2002 come reazione all'attacco islamista alle Torri gemelle di New York (organizzato da Osama Bin Laden, sospettato di essere protetto dai talebani e da costoro ospitato ovvero nascosto) è finito? Solo gli ingenui possono avere questa idea ottimistica.
Accadrà invece che, non appena gli eserciti democratici, incluso il nostro, ipocritamente incaricato di svolgere attività di pace (balle, la guerra è guerra), abbandoneranno i terreni di battaglia, lasciandosi alle spalle il fragile simulacro di una democrazia esportata e subito marcita, ricominceranno i guai: i talebani rialzeranno il capo e, poiché godono del consenso di numerosi compatrioti, in quattro e quattr'otto riconquisteranno la loro nazione momentaneamente invasa da Usa e soci, ripristinando il vecchio regime. Le avvisaglie sono già evidenti. Non ci credete? Ecco la notizia. Alcuni giorni orsono i suddetti talebani (maggioritari) hanno compiuto l'ennesima strage. Questa volta nella provincia di Ghazni: 80 morti, di cui 12 - sottolineo dodici - decapitati. Una carneficina di cui nessuno ha parlato, cosicché è come se non fosse avvenuta, ma 12 teste tagliate e altri 68 cadaveri in aggiunta meritano, suppongo, una riflessione.
Se gli estremisti afghani, dopo 12 anni di combattimenti, sono ancora in grado di «offrire» agli invasori un'ecatombe del genere, forse siamo di fronte alla prova che l'iniziativa bellica è stata velleitaria, inutile. La tentata esportazione dei riti democratici in Afghanistan si è risolta in un'impresa fallimentare della quale dovremmo - noi occidentali - vergognarci, poiché dimostra che non conosciamo né la nostra debolezza né la forza dei talebani, in tempi lontani (ma non troppo) vincitori addirittura contro l'Unione Sovietica. Quanto siamo idioti. Desideriamo educare altri popoli, ma non siamo attrezzati per educare noi stessi alla realtà.
In sintesi. Che ci aspettiamo fra tre mesi se non la rivalsa e il trionfo dei talebani che ci eravamo illusi di mettere in un angolo durante due lustri di massacri? Conviene che ci battiamo il petto: abbiamo sbagliato tutto. Hanno sbagliato gli Usa a ritenere che fosse possibile convertire gli islamici ai propri modelli di governo, e abbiamo sbagliato noi italianucci ad accodarci agli americani per fare bella figura, senza renderci conto che sarebbe stata brutta, pessima.
Non riusciamo a ficcarci nel cranio che esistono Paesi impenetrabili per la nostra cultura, impossibili da piegare alla civiltà occidentale. Abbandonarli al loro destino è obbligatorio se si intende evitare ritorsioni. Mandare in certe zone soldati che a centinaia muoiono invano è una follia. Desistere, bisogna desistere anche per scongiurare ripercussioni violente da parte degli estremisti esaltati dalla religione. Ma sono parole al vento. Difatti sono in atto bombardamenti in Siria contro l'Isis, e trascuriamo quanto succede in Irak, dove si è battagliato anni e anni col risultato di incrementare nel popolo un odio antioccidentale talmente forte da essere incontenibile. Più bombe sganciamo su Siria e Irak, più teste vedremo staccarsi dal collo di nostra gente.
L'errore che commettiamo è il solito: interveniamo militarmente, ma appena appena, senza sporcarci le mani. E poiché gli islamici invece se le sporcano, eccome, ci menano di brutto. La guerra in Vietnam poi non ha insegnato nulla agli americani e neppure a noi.
Interferiamo nei fatti altrui suscitando risposte isteriche, cui replichiamo con raid aerei a casaccio, peggiorando i rapporti internazionali e collezionando sconfitte su sconfitte; e sorvoliamo sulle teste mozzate, in costante aumento.
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