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"Perdo il triplo di quel che mi ristorano. L'incertezza mi spinge a chiudere il bar"

Il racconto-choc di un commerciante: "La girandola dei colori crea solo confusione. I prestiti agevolati? Sono finiti a chi non ne aveva bisogno"

"Perdo il triplo di quel che mi ristorano. L'incertezza mi spinge a chiudere il bar"

«Resistere? Ci sto pensando, ma che senso ha? Dal lockdown in poi, nel 2020, ho perso tra il 70 e l'80% dei ricavi dell'anno prima. E per il 2021 non vedo grandi spiragli. È chiaro che sto valutando di chiudere, non posso permettermi di continuare a perdere ogni mese qualche migliaia di euro».

Benvenuti in zona Ravizza, a Milano, da ieri di nuovo zona arancione, dopo essere stata già di tutti i colori. Riccardo Raimondi (nella foto) gestisce da una decina d'anni il Milano Café di via Vittoria Colonna, punto di riferimento di residenti, manager, ex calciatori, uffici e clienti affezionati della zona. Il suo stato d'animo, in questi primi giorni dell'anno, è paradigmatico sull'arcobaleno cromatico a cui la sua attività viene sottoposta ormai da tre mesi. E la dice lunga sulle conseguenze che Dpcm e regioni colorate stanno producendo non solo sulle imprese, ma anche sul tessuto sociale di un quartiere residenziale come questo, in una città come Milano.

Ma i ristori? Non sono ancora arrivati?

«Non ho visto niente. E poi di cosa stiamo parlando? Di mille euro? Cosa mi cambia se poi a fine mese ci perdo il triplo o il quadruplo? Quello che pochi capiscono è quanto alti sono i costi fissi di un'attività come questa. E quanto grande sia il valore, costruito negli anni, che si sta bruciando in poche settimane. Di certo non lo vogliono capire quelli che scrivono i Dpcm».

Pensa che i bar dovevano restare aperti?

«Guardi io credo che questa del Covid sia una tragedia, ho amici e conoscenti che se la sono trovata in casa. Non sono un irresponsabile e rispetto ogni regola. Ma mi dovete spiegare perché a ristoranti e ai bar è stato riservato un trattamento così crudele. Non era meglio dire subito che si stava chiusi a tempo indeterminato e basta? Ognuno faceva i suoi conti. Il vero disastro per una piccola impresa è questa incertezza, il tira e molla del rosso, giallo, arancione, comprare la roba e poi buttarla via. Da settembre in poi sta andando tutto così. In questo modo si muore, lentamente, giorno dopo giorno».

A primavera c'erano i prestiti fino a 25mila euro, erogati ai piccoli dalla banca e garantiti dallo Stato. Li ha avuti?

«Li ho chiesti senza ottenerli. A causa di un ritardo di pochi giorni nel pagamento di una rata scaduta sono stato inserito nella lista dei cattivi e niente prestiti. Me li daranno quando la segnalazione sarà cancellata, cioè chissà quando. E sa qual è il paradosso?»

No, me lo dica.

«Che la stessa banca ha ammesso che quei prestiti a tassi agevolati vanno a chi non ne ha bisogno. Mentre a chi servirebbero per davvero basta un piccolo problema, poi risolto, per rischiare di chiudere per sempre».

E l'affitto? C'è almeno un po' di solidarietà dai privati: glielo hanno sospeso?

«Come no: qualche tempo fa ho scritto ai proprietari, a cui pago il canone regolarmente da sempre, una lunga lettera, anche accorata, per spiegare i motivi di questa difficoltà temporanea. La risposta è stata di 3-4 righe, con allegata la foto della fattura scaduta».

Ci sono altre attività pronte a subentrare?

«Non lo so, ma mi chiedo cosa

abbiano da guadagnare questo condominio o il quartiere, come i tanti altri di Milano dove si verificano storie così, dalla scomparsa di attività storiche e aggreganti come la mia. Questa è la vera posta palio, per tutti».

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