Nudi al museo, la provocazione è fatta ad arte

La performance naturista si intitola "Storie dagli Antipodi»

Nudi al museo, la provocazione è fatta ad arte

Toh, riecco il nudo, immarcescibile asso nella manica (si fa per dire) dell'arte contemporanea di ogni stagione. A rimarcarne in chiave provocatoria il valore espressivo è l'artista australiano Stuart Ringholt tra le pareti del Padiglione d'Arte Contemporanea dove stasera condurrà completamente nudo un'inedita guidata alla mostra collettiva «Storie dagli Antipodi». La performance naturista - è la vera novità - prevede che anche il pubblico dei visitatori si presenti inderogabilmente senza veli; questo, sottolineano l'artista e il museo, «allo scopo di rimuovere le barriere materiali tra l'artista e il pubblico, ma anche di esplorare gli effetti della nuditae sperimentare cosa accade quando un gruppo di estranei in uno spazio museale si libera dei propri strati protettivi».

La visita guidata è solo su prenotazione obbligatoria, con la possibilità di un drink collettivo a fine performance. Non è la prima volta che l'artista concettuale sperimenta questa forma di provocazione; un'azione analoga era stata compiuta nel 2012, sold out, al Museum of Contemporary Art di Sidney, al Museum of Old and New Art della Tasmania e in occasione della grande retrospettiva dedicata a James Turrell presso la National Gallery of Australia (Canberra, 2015).

Potrebbe apparire quasi un paradosso che questo happening di adamitiche sculture viventi abbia luogo in uno spazio espositivo che dista poche centinaia di metri dalle Gallerie d'Italia che espongono le perfette nudità scolpite, queste su purissimo marmo di Carrara, dai maestri neoclassici Canova e Thorvaldsen. La casta sensualità delle Tre Grazie, commissionate nel 1812 al maestro di Possagno dall'ex imperatrice dei francesi e regina d'Italia Joséphine de Beauharnais, aveva certo un intento diverso: quei corpi nudi e perfetti, nell'intenzione dell'artista, rappresentavano un inno alla giovinezza che poteva trasportare il cuore «a que' primi tempi della beata innocenza». Un messaggio universale, quello di Canova, più vivo e contemporaneo che mai. Non così si può probabilmente affermare del nudo nell'arte come forma di provocazione, una vecchia storia che affonda le radici nella metà dell'800 con Le dèjeuner sur l'herbe di Eduard Manet, quadro rifiutato dal Salone Ufficiale proprio perchè intendeva suscitare scandalo rappresentando una «musa» completamente ignuda attorniata da due guasconi contemporanei anzichè da figure mitologiche. Tutto ciò accadeva pochissimi anni prima che un altro talentuoso pittore, il realista Gustave Courbet, rappresentasse con L'origine du monde la più celebre icona artistica della sessualità femminile.

Quella vagina in primo piano suscitò ovviamente scandalo allora, ma ciò che è incredibile è che lo suscita un po' ancora oggi nell'era di internet e della pornografia globale. Missione compiuta, direbbe Courbet. Per tornare al giovane Ringholt e alla sua performance del Pac, va invece precisato che anche i nudi viventi al museo sono tutt'altro che una novità. Aveva aperto le danze già Marcel Duchamp nel 1912 quando al Pasadena Art Museum mise in scena una celebre partita a scacchi con una modella completamente spogliata, la californiana Eve Babitz. La vera pietra dello scandalo si materializzò mezzo secolo più tardi con la Body Art. È rimasta nella storia la performance di Marina Abramovic e il suo compagno Ulay nudi e in piedi come «porte viventi» all'ingresso della Galleria d'Arte Moderna di Bologna, costringendo a un imbarazzante contatto i visitatori che intendevano entrare al museo. Era il '77 e la performance Imponderabilia si concluse con l'arrivo della polizia. Altri tempi, anche perchè allora la Performance Art conteneva un preciso intento ideologico, quello di sovvertire tutte le istituzioni codificate, sia artistiche che politiche, incapaci di rinnovarsi. Ma la tentazione di continuare a usare la nudità per scimmiottare quei format non è mai finita.

Prima di Ringholt, basti ricordare la performance del fotografo Spencer Tunick che fece posare duecento persone biotte nella romana piazza Navona; o la scultorea artista svizzera Milo Moirè che si introduce splendidamente desnuda nei musei e nelle fiere d'arte. A Monaco lo fece col figlioletto di pochi mesi in braccio, lui sì dotato di pannolino.

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