Petrolio, schiaffo a Renzi De Vincenti interrogato

Il sottosegretario convocato dai pm di Potenza. «Massima collaborazione». L'ira del premier: «Proprio oggi, chissà...»

Uno schiaffo a Matteo Renzi, un segnale non esattamente conciliante mandato dalla procura di Potenza a Palazzo Chigi. Ieri i pm lucani titolari dell'inchiesta sul petrolio, in trasferta nella capitale, hanno convocato il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Claudio De Vincenti per sentirlo come persona informata sui fatti. Solo che l'hanno chiamato per il faccia a faccia nello stesso giorno e nella stessa ora in cui era convocato il consiglio dei ministri.

Renzi però non ha voluto utilizzare il legittimo impedimento e ha invitato De Vincenti ad andare dalle toghe, così il cdm si è riunito senza di lui. Ad anticipare la notizia è stata Annalisa Chirico sull'edizione web del Foglio, rivelando anche la piccata replica che il premier avrebbe dato a chi gli faceva notare che quella convocazione in contemporanea aveva il sapore della provocazione: «Hanno sbagliato bersaglio, io vado avanti e rilancio».

A confermare l'indiscrezione è stato proprio il presidente del Consiglio, spiegando con termini ben più diplomatici al termine della riunione che «il sottosegretario De Vincenti non ha partecipato al consiglio dei ministri», in quanto «ha ricevuto una comunicazione dalla polizia per essere sentito come persona informata sui fatti in merito alla inchiesta di Potenza». «Casualmente l'orario corrispondeva con quello del consiglio dei ministri, ma crediamo nel rispetto tra poteri dello Stato - ha chiosato il premier - e abbiamo scelto di dare un segnale di serietà e leale collaborazione, invitando il sottosegretario ad andare a rispondere. Siamo sempre in prima fila a chiedere ai membri del governo a collaborare». La replica di Palazzo Chigi alle toghe è insomma tutta nella «seria e leale cooperazione» ostentata da Renzi, che ha anche rimarcato come «in passato qualcuno pensava di utilizzare il legittimo impedimento» mentre «noi siamo per accelerare i processi», riservando un filo di polemica solo al finale: «Vogliamo la verità delle aule dei tribunali, non degli eco mediatici».

Tornando all'audizione di De Vincenti, il nome del sottosegretario (non indagato) emerge spesso dalle intercettazioni dell'inchiesta potentina sul petrolio. A parlarne è soprattutto l'ex ministro allo Sviluppo Economico, Federica Guidi, che proprio in seguito all'inchiesta ha rassegnato le dimissioni. Parlando con il compagno (indagato) Gianluca Gemelli, infatti, la Guidi critica aspramente De Vincenti, all'epoca suo vice al Mise, dopo aver scoperto che aveva partecipato a una riunione tra ministeri al suo posto e a sua insaputa. Nello sfogo con il compagno, la Guidi sostiene che, come il ministro dell'economia Padoan, De Vincenti sia stato piazzato al governo dal «quartierino» (il «comitato d'affari» attivo intorno al business dell'oro nero), e che fosse «amico del clan» dello stesso Gemelli. Al termine del faccia a faccia, De Vincenti ha spiegato di aver dato ai pm «tutte le informazioni richieste, chiarendo le scelte di politica industriale che sono alla base dei provvedimenti del governo».

E oltre a «sottrarre» De Vincenti ai suoi impegni a Palazzo Chigi, i pm lucani ieri a Roma hanno ascoltato come persona informata sui fatti anche il vice capo di gabinetto del ministro dei Trasporti Graziano Delrio, Teresa Di Matteo. Domani toccherà, tra gli altri, al portavoce del ministro Roberta Pinotti, Andrea Armaro. Segno dell'attenzione che l'inchiesta potentina riserva al governo.

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