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Il pg smentisce i suoi esperti per tenere Dell'Utri in cella

Il procuratore generale contrario alla scarcerazione I cardiologi: «Sta male». L'ex senatore: non ce la faccio più

Il pg smentisce i suoi esperti per tenere Dell'Utri in cella

Una capriola senza precedenti. Pur di tenere in cella Marcello Dell'Utri, il magistrato smentisce i propri consulenti. Loro, i due medici, si schierano per l'incompatibilità con la detenzione e indicano pure gli ospedali in cui l'ex senatore potrebbe essere ricoverato; lui, il sostituto procuratore generale, li scavalca e ribadisce: carcere.

Accade pure questo nell'interminabile procedimento che, a colpi di perizie e cartelle cliniche, deve stabilire se il detenuto eccellente, oggi rinchiuso a Rebibbia, debba rimanere in cella. O se debba essere spostato, sempre in regime di detenzione, in una casa di cura attrezzata o ai domiciliari, o ancora, se la pena debba essere sospesa. Lui affida la propria prostrazione ad una nota drammatica: «Non ce la faccio più, mi sento provato e stanco». E questo mentre la Corte dei diritti dell'uomo sempra dargli una chance: Strasburgo decide di dare un'accelerata all'esame del ricorso presentato contro la condanna. La Corte stabilisce, dunque, la trattazione prioritaria del dossier, ma intanto l'udienza a Roma, davanti al tribunale di sorveglianza, riserva un clamoroso colpo di scena.

Il pg Pietro Giordano deposita le relazioni dei due specialisti ingaggiati per valutare le condizioni di salute del fondatore di Publitalia. I tecnici, Fabrizio Iecher, medico legale, e Grazia Alecce, cardiologo, non hanno dubbi: Dell'Utri non può più rimanere nel penitenziario della capitale, ma dev'essere trasferito altrove. Del resto il catalogo dei guai che affliggono il bibliofilo palermitano, condannato a 7 anni per concorso esterno in associazione mafiosa, è assai corposo: una grave cardiopatia, diabete mellito, ipertensione arteriosa, da ultimo pure un tumore maligno alla prostata. Senza contare che pure l'età anagrafica, 76 anni compiuti, non gioca a favore. I due esperti non pattinano sulle parole, ma vanno dritti al punto: «I sottoscritti ritengono che una ulteriore permanenza del periziato all'interno della casa circondariale di Rebibbia non sia compatibile con la sua condizione cardiologica ed oncologica». Non basta. In relazione alle problematiche del cuore ballerino, gli esperti mettono le mani avanti: «Appare quindi evidente come sia impossibile, dal carcere, gestire una sindrome coronarica acuta entro i tempi stabiliti dalle attuali linee guida per consentire il salvataggio del miocardio ischemico». E però, notano gli specialisti, «un evento coronarico acuto è altamente prevedibile in un soggetto» malandato come Dell'Utri, fiaccato dal diabete, dall'avanzare dell'età e dall'aggravarsi della sofferenza coronarica.

Siamo al di là di ogni dubbio per la presenza di «plurimi fattori di rischio di grado elevato». Così, nell'appendice alla relazione, Iecher e Alecce indicano anche tre ospedali milanesi in cui Dell'Utri potrebbe essere dirottato: l'Humanitas, il San Raffaele, il Sacco. I due camici bianchi sembrano, invece, giudicare non idoneo il centro clinico del carcere di Parma, dove pure Dell'Utri ha trascorso un periodo prima di arrivare a Roma.

Il quadro sembra chiarissimo, almeno sul versante dell'accusa e invece, a sorpresa, il pg Pietro Giordano sconfessa i suoi consulenti e si allinea ai periti del tribunale: Dell'Utri può tranquillamente restare in cella. Ora il boccino è nelle mani dei giudici che nei prossimi giorni faranno conoscere il loro verdetto.

Intanto, Strasburgo decide di anticipare i tempi di una sentenza assai attesa: il concorso esterno venne codificato dalle Sezioni unite della cassazione solo nel '94, ma la condanna arriva fino al 1992 quando la configurazione del reato era ancora generica e non ben strutturata. Il governo italiano viene messo alle strette: dovrà difendersi entro il 15 gennaio. E dovrà dare chiarimenti su molti capitoli: non solo la vaghezza del capo d'imputazione, ma anche le possibili violazioni delle regole dell'equo processo e la tutela del diritto alla salute.

Sempre più difficile dietro le sbarre.

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