Coronavirus

Più vaccinati che casi positivi: dopo un anno si registra (finalmente) l'inversione di rotta

Il rapporto dell'Oms: tre quarti delle iniezioni in dieci Paesi. A marzo sarà pronto anche il siero monodose di Johnson & Johnson

Più vaccinati che casi positivi: dopo un anno si registra (finalmente) l'inversione di rotta

Il ritorno alla normalità non è esattamente dietro l'angolo ma c'è un dato, a un anno esatto dall'inizio della pandemia, che ci fa capire come finalmente la bilancia inizi a pendere a nostro favore: per la prima volta il numero dei vaccinati nel mondo supera quello dei casi positivi.

A dirlo è l'Oms: «Una buona notizia e un risultato straordinario in un lasso di tempo così breve. Ma più di tre quarti di queste vaccinazioni sono in soli dieci Paesi, che rappresentano quasi il 60% del Pil globale» spiega il direttore generale dell'Organizzazione mondiale della sanità, Tedros Adhanom Ghebreyesus. Cominciare a segnare punti così importanti a nostro favore è essenziale in un momento in cui la battaglia anti virus si gioca tutta sulla velocità: le cure (e la ricerca) devono procedere più in fretta dello sviluppo delle varianti dell'infezione. «Le varianti sono preoccupanti - conferma Cavaleri (Ema) -Stiamo già lavorando per raccogliere dati. I vaccini sono un po' meno potenti soprattutto nei confronti della variante sudafricana e brasiliana. Dobbiamo avere studi sul campo che ci assicurino che il vaccino resti efficace. Sono invece molto ottimista sulla variante inglese, sono certo che i vaccini la coprano».

Sembrano essersi sbloccate le cose sul fronte vaccini: nel giorno in cui i camion di Astrazeneca varcano il confine italiano per arrivare finalmente nei magazzini, arrivano buone (e imminenti) notizie anche su un altro vaccino. Si tratta di quello prodotto da Johnson & Johnson, che in America ha chiesto agli enti regolatori l'autorizzazione all'uso in emergenza. Un comitato consultivo della Food and Drug Administration statunitense si riunirà per esaminare la domanda il prossimo 26 febbraio. J&J afferma che, se il suo vaccino sarà autorizzato, è sulla buona strada per fornire 100 milioni di dosi negli Stati Uniti entro la fine di giugno.

Anche in Europa le procedure dovrebbero essere abbastanza rapide. «Ci stiamo già attrezzando per capire la tempistica per l'approvazione - conferma Marco Cavalieri, responsabile vaccini e prodotti terapeutici Covid dell'Agenzia europea del farmaco (Ema) - Dovremmo esserci per l'inizio di marzo». Nell'ultimo rapporto del 29 gennaio scorso, la J&J aveva dichiarato che il vaccino a dose unica garantiva una protezione media del 66% contro il virus, con un'efficacia che sale al 72% secondo i risultati sulla sperimentazione negli Stati Uniti, ma scende al 57% per quella svolta in Sudafrica con la variante locale. I test hanno poi dimostrato un'alta capacità del vaccino monodose J&J di ridurre l'aggravarsi della Covid-19 in forme gravi, con una protezione contro l'ospedalizzazione e la morte dell'85%. Il fatto che non necessiti di una seconda iniezione lo rende ancora più interessante perché contribuirebbe ad accelerare la campagna vaccinale, contribuendo a superare quei 6 milioni di vaccinati entro la fine di marzo annunciati dal commissario straordinario Domenico Arcuri.

Un'ulteriore arma anti Covid arriverà direttamente dalla Russia e sarà i vaccino Sputnik contro il quale si sono sgretolati tutti i pregiudizi dopo l'analisi dei dati della sperimentazione scientifica. «Il vaccino russo Sputnik V ha dimostrato una buona efficacia ed effetti collaterali simili a quelli di Moderna e Pfizer - conferma il virologo dell'ospedale Sacco di Milano, Giuliano Rizzardini - Non ci sono ragioni per cui non utilizzarlo».

E con l'ok di Ema, è solo un bene che tra le scorte ci sia un vaccino in più.

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