La sfida delle piazze. I musulmani manifestano domani pomeriggio a Roma e a Milano. Due cortei contro il terrorismo (ma non solo, visto che insieme alle adesioni, a Milano si allargano anche le parole d'ordine). Due cortei e una prova che i centri islamici devono superare: quella dei numeri. I dirigenti delle moschee italiane hanno già preso una posizione contro gli attacchi di Parigi. E contro l'Isis, contro il terrorismo. Quello che gli imam sperano ora è che rispondano le masse di fedeli. Se è vero che gli esami non finiscono mai, infatti, questa per l'islam italiano è la prova di maturità («l'islam deve maturare» ha detto anche il cardinale Angelo Scola). E anche dal numero dei partecipanti, e dal tono dalle piazze, sarà giudicato l'esito di questo sabato.A Roma (alle 15, in piazza Santi Apostoli) si manifesta al grido di «Not in my name», non in nome mio. È stato il deputato Khalid Chaouki a dare l'idea. Alla chiamata di Ucoii (centri islamici), Coreis e moschea di Roma hanno già risposto in tanti, musulmani e non. Chaouki ha annunciato alcuni vip: Ermanno Olmi, Ascanio Celestini, Paolo Virzì, Paolo Rossi, Gad Lerner e altri. A Roma, altra piazza, andrà in piazza anche la Fiom, che col suo segretario Maurizio Landini tenta uno spericolato nesso fra la piattaforma iniziale (contro la legge di stabilità) e la nuova agenda imposta dalla drammatica attualità di Parigi: «La difesa migliore nella lotta al terrorismo è combattere la disoccupazione, permettere alle persone di affermarsi attraverso il lavoro» ha detto il leader della sinistra sindacale. Il noto «senza se e senza ma» tanto in voga in Italia dalla «guerra del golfo» in poi, per i pacifisti italiani vale solo in caso di guerre «americane». Negli altri casi c'è sempre un peccato occidentale da farsi perdonare. Alla manifestazione romana ha garantito l'apporto organizzativo l'Unione delle comunità islamiche d'Italia. «Gli islamici italiani sono scesi subito in piazza per dire no alla barbarie avvenuta in Francia - ha detto il presidente, l'imam di Firenze Izzedin Elzir - Dobbiamo essere uniti contro la paura e il terrore». E Yahya Pallavicini, leader della Coreis, che ha il suo cuore nella moschea modello di Milano (in di via Meda) spiega: «Not in my name significa questo: Voi terroristi siete criminali ma in nome vostro, lasciate perdere Dio e la religione».Stessa ora, stesso giorno, in piazza San Babila a Milano manifestano Giovani musulmani, «Partecipazione e spiritualità» e soprattutto i centri islamici del Caim (una ventina di sigle, alcune delle quali vincitrici del bando comunale per la realizzazione di una moschea). Qui si allarga il discorso: «Contro terrorismo, guerre e islamofobie». E si ripete il copione di un anno fa, quando piazza Affari ospitò un sit-in contro i terroristi ma anche contro i «seminatori di odio», «contro l'Isis» ma anche «contro le crociate». Il punto è che anche allora, quando fu simbolicamente bruciata la bandiera dell'Isis, i partecipanti erano pochi.
Qualche anno fa, ai famosi cortei pro-Palestina (uno dei quali si concluse con la preghiera in piazza Duomo, guidata da un imam condannato per terrorismo) i fedeli-manifestanti si contavano a migliaia. Oggi i fondamentalisti in Europa sono una piccola minoranza, il vero problema è prosciugare l'acqua in cui sguazzano i pescecani del fanatismo, giù giù fino ai pazzi armati di kalashnikov.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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