«Piccoli negozi lasciati soli Ma il web ora può salvarci»

La vicepresidente di Confcommercio: «Dalle liberalizzazioni di Monti il colpo di grazia»

Massimo Malpica

Roma Bisogna essere forti e ottimisti per vedere luce in fondo al tunnel di una crisi che, per i commercianti, va avanti da un settennato. L'Istat certifica nuovi «meno» anche per luglio scorso: nemmeno i saldi hanno fatto rialzare la testa al commercio al dettaglio. «Il commercio ha superato crisi darwiniane dalle quali chi è rimasto sul mercato è uscito più forte di prima, ma ora pure chi ha anticorpi belli forti deve fronteggiare l'incognita della scarsità di domanda. Per sopravvivere noi abbiamo bisogno dei consumi, che negli ultimi anni si sono radicalmente contratti». A parlare è Donatella Prampolini: 26 anni fa aprì un negozio di alimentari, oggi è al vertice di un'azienda che gestisce supermercati nel Reggiano, ed è vicepresidente di Confcommercio.

Che cosa frena i consumi?

«Un aumento esponenziale dei costi fissi, delle spese obbligate, legate per esempio alla casa, che le famiglie devono sostenere e che erodono la loro capacità di spesa. Oltre alla scarsa fiducia nel futuro».

Anche quella per alimentare è una spesa obbligata...

«Il settore alimentare è entrato in crisi più tardi, ma ora la scontiamo tutta. La gente fa i conti con i portafogli vuoti, e quando fa la spesa si limita all'essenziale. E il problema è comune a tutti i settori».

E a tutto il Paese. Gli effetti della crisi a Reggio Emilia?

«Drammatici. Tante le chiusure: a Reggio è raddoppiato il tasso di disoccupazione. Per la nostra provincia, che ha scontato la crisi delle grandi cooperative, oltre che dell'edilizia, è una tragedia. Eppure qui come altrove le amministrazioni sembrano non capire certe dinamiche, e continuano le nuove aperture».

Sono un male?

«Sono una condanna per i piccoli negozi. La liberalizzazione voluta da Monti, una deregolamentazione, ha dato il colpo di grazia ai piccoli esercenti. All'estero questi sono considerati un valore, e noi che in Italia li abbiamo ancora cerchiamo di affondarli, polarizzando i consumi, già scarsi, verso la grande distribuzione organizzata, che può permettersi di tenere aperti i punti vendita di domenica o di notte. Con tanti saluti ai negozi di vicinato che sono anche un presidio sociale e di sicurezza: ci sono pure in alta montagna, e con redditi minimi».

Ed erano ad Amatrice. Dove tutti, dal sindaco a Renzi, considerano il ritorno dei negozi la condizione per la rinascita dal sisma.

«In un paese piccolo così danneggiato se non ci sono più negozi vuol dire che non c'è più niente. Si dice che c'è vita se ci sono bar eccetera, che sono un presidio e un collante per la comunità. Ci sono stata con il camper di Confcommercio che è lì per aiutare Amatrice a ripartire».

Come si esce dalla crisi?

«La politica deve correggere gli errori come la liberalizzazione, e bisogna agire subito sul fisco per alleggerire la pressione sulle famiglie, mettendo mano alla spesa pubblica. I commercianti devono capire che rimanere sul mercato implica sforzi.

Bisogna strutturarsi, diventare sempre più impresa. E stare al passo con i tempi, perché non tutto il nuovo viene per nuocere. Come il web: può portarsi via il fatturato, ma anche diventare qualcosa con cui un piccolo commerciante può rilanciarsi».

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