Pietà per Vallanzasca. "È una larva umana, accanimento inutile"

Pietà per Vallanzasca. "È una larva umana, accanimento inutile"
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Ha senso tenere in carcere fino alla morte una «larva umana» per avere rubato un paio di mutande? Sul caso di Renato Vallanzasca, bandito-simbolo della malavita milanese, interviene con una lettera all'Ansa la ex moglie Antonella D'Agostino denunciando l'accanimento riservato dalla magistratura al «bel Renè». Che ha certamente commesso gravi delitti, ma ha scontato mezzo secolo di carcere, e che sarebbe in giro per Milano se non avesse avuto la bella pensata nel 2014, mentre era semilibero, di farsi arrestare per il furto di un paio di slip. Da quel momento sono stati revocati a Vallanzasca tutti i benefici, e da ultimo il tribunale di sorveglianza di Milano ha rigettato la sua nuova richiesta di affidamento a una comunità: un provvedimento che l'ex difensore Davide Steccanella definisce «una schifezza».

Secondo la ex moglie, proprio il tentato furto delle mutande è la prova che il vecchio Vallanzasca è ormai solo l'ombra del gangster che spaventava Milano: «Quando portò via quelle mutande dal supermercato capii che nel suo cervello qualcosa aveva cominciato a non funzionare», scrive la donna.

Vallanzasca, 73 anni, sta scontando l'ergastolo nel carcere di Bollate, alle porte di Milano. Lo scorso 29 maggio il tribunale gli ha rifiutato la detenzione in comunità nonostante una perizia medica che attestava il suo «decadimento cognitivo» e sosteneva la incompatibilità con il carcere. Nelle sue ultime apparizioni in tribunale il famoso boss era apparso effettivamente ingrigito e spento. «Quanto deve pagare ancora perché possa morire in pace? E sia chiaro non da uomo libero, ma affidato a una struttura. Ormai lo avete piegato per sempre. Dimentichiamo gli occhi azzurri e il suo fascino. È l'ombra di sé stesso. Una larva umana. Che forse merita un po' di pietà».

Nella lettera la D'Agostino ricorda gli esordi, lui era «uno scugnizzo di via del Giambelllino, strada che nella Milano delle bombe, del terrorismo e della droga era conosciuta come malfamata e violenta». Da allora sono passati decenni, delitti, condanne, evasioni. «Si era fatto una fama che poco corrispondeva al vero ma era tanta la voglia di apparire più di quello che era che ha accettato di pagare un prezzo altissimo pur di mantenere quell'immagine di cui tanto si vantava». Un bandito, secondo la ex moglie, prigioniero del proprio personaggio: «al contrario di altri che sono ancora liberi lui è ancora lì dentro, forse perchè non si è mai pentito».

«Quanto deve pagare ancora? Dopo 50 anni di carcere e una condizione di salute precaria, anzi peggio.

Rifiutare le misure alternative a Renato Vallanzasca significa non solo condannarlo al carcere a vita, cosa che già è avvenuta e all'impossibilità di vivere uno stralcio di normalità, ma anche umiliare un uomo ormai ridotto all'ombra non di quello che era, ma di quello che tutti hanno pensato che fosse», si legge nella missiva inviata ieri all'agenzia di stampa.

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