Cronaca giudiziaria

Pifferi, chiesto l'ergastolo. "Figlia uccisa da vigliacca"

La requisitoria del pm: "Si divertiva mentre la bimba soffriva". Lei parla in aula: "Non sono stata io, non sono un mostro"

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«Sono solo una mamma che ha perso sua figlia». No, l'imputata ha lasciato morire la piccola Diana tra «sofferenze atroci». La (auto) difesa e l'accusa descrivono due mondi inconciliabili ieri al processo a carico di Alessia Pifferi (nel tondo), la donna che risponde di omicidio volontario aggravato per l'uccisione della figlia di 18 mesi, morta di stenti a Milano dopo essere stata lasciata per sei giorni solo in casa al caldo, con un po' di latte e un po' di acqua nel lettino. Alessia Pifferi ha reso dichiarazioni spontanee davanti alla Corte d'assise, respingendo le accuse di essere «un'assassina» e «un mostro». Mentre il pm Francesco De Tommasi ha chiesto per lei l'ergastolo dopo una lunga e durissima requisitoria.

Alessia Pifferi, assistita dall'avvocato Alessia Pontenani, ha parlato della propria infanzia e adolescenza: «A scuola avevo un insegnante di sostegno. In famiglia mio papà aveva un carattere un po' violento, picchiava mia mamma, assistevo a queste sceneggiate. Ho subito un abuso sessuale quando avevo 16 anni ma non l'ho detto alla mia famiglia per paura di non essere creduta». Poi di Diana: «Non ho mai voluto fare del male a mia figlia, non ho mai voluto ammazzarla». E del carcere: «Mi trovo sempre chiusa in una cella dove non posso fare niente, non mi fanno fare corsi, sto uscendo di testa, sto andando in depressione. Non c'è un minuto che non pensi a mia figlia Diana. Sono stata picchiata dalle detenute. Di notte urlano mostro, assassina, devi morire». Infine: «Sto già pagando il mio ergastolo avendo perso la mia bambina».

L'udienza era partita con la richiesta della difesa, respinta dalla Corte presieduta dal giudice Ilio Mannucci Pacini, di integrare la perizia psichiatrica, che aveva escluso vizi di mente dell'imputata, con documenti che dimostrerebbero che la 38enne già da bambina aveva gravi turbe psichiche e un grave deficit cognitivo. In seguito la parola è passata al pm: quel 20 luglio 2022 la piccola Diana è morta con un «processo di progressivo indebolimento delle funzioni vitali», si «trovava da sola a casa, perché lei, la madre, era corsa dal suo compagno e l'aveva lasciata là». Ha aggiunto De Tommasi: «Oggi ci è venuta a dire che non è un'assassina, ma allora perché ha voluto sempre giustificare con tutti che la bimba non era sola in casa?». Per il pm, l'imputata «sapeva benissimo che era una cosa che non si fa, lo sa anche un bambino che è un comportamento gravissimo». Sulle dichiarazioni della donna: «Il suo è uno sforzo inutile, perché ogni volta che parla si presenta come una persona lucida, che con strategia vuole ottenere un obiettivo e in questo caso vuole» uno sconto di pena. De Tommasi ha inoltre descritto nei dettagli le condizioni «raccapriccianti» in cui è stata trovata la piccola, ormai senza vita. La zia e la nonna della vittima, parti civili nel processo, hanno pianto a lungo. Lo stesso pm si è a tratti commosso: «Questa è la morte terribile di un essere umano e in questo caso è una bambina». Nel chiedere il carcere a vita, De Tommasi ha concluso: Pifferi non aveva «il coraggio di ucciderla, è vigliacca» e ha lasciato «al destino il compito di sbarazzarsi della figlia».

Il 13 maggio parleranno la difesa e la parte civile, potrebbe arrivare la sentenza.

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