Ora la lobby Lgbt può festeggiare. Il Dipartimento per le Pari opportunità della presidenza del Consiglio, pochi giorni fa, ha assegnato 4 milioni per finanziare “progetti per la costituzione di centri contro le discriminazioni motivate da orientamento sessuale e identità di genere".
Il bando approvato, relativo a un decreto del 2020, finanzia ben 37 centri tra cui il Gay center gay help line (180mila euro), lo Spazio aperto servizi coop (168.073) il movimento omosessuale sardo (100mila), Quore aps (180mila), Caleidos coop sociale euro 180.000, Arcigay nazionale 'ass. lesbica e gay italianà (100.000), i ken onlus (180mila) e il Circolo Mieli (100mila). Questi centri offriranno anche servizi di alloggio alle persone vittime di discriminazioni. Secondo Antonio Brandi, presidente di Pro Vita & Famiglia, si tratta di “una vera e propria pioggia di soldi arriva alle associazioni LGBTQIA+ che, nonostante la bocciatura del ddl Zan, trovano il modo di ricevere finanziamenti e sostegno per un’emergenza nazionale che non esiste”.
Ma, oltre all'indignazione del mondo cattolico, c'è quella del centrodestra. Simona Baldassarre, eurodeputata e responsabile del dipartimento Famiglia della Lega, sentita da ilGiornale.it, dice: "La lotta alla discriminazione va fatta a tutela di tutte le categorie più fragili. 4 milioni di euro destinati a sole 37 tra organizzazioni Lgbt e qualche comune sembra una cifra francamente eccessiva, specialmente in una fase come questa, in cui le famiglie sono in estrema difficoltà e le aziende al collasso”. Secondo l'esponente del Carroccio questo è un modo per ridare vita all'identità di genere, già affossata con il ddl Zan. “Non possiamo nascondere forti perplessità per un bando promulgato in piena pandemia dal Governo Conte bis e dallo stesso Ministro per la Famiglia Bonetti che non mosse un dito di fronte al taglio da 30 milioni di euro destinati al Fondo per le famiglie. Le emergenze sono altre”, chiosa l'eurodeputata Baldassarre.
La senatrice di Fratelli d'Italia, Isabella Rauti, invece, ci spiega il paradosso: “In assenza della legge Zan si finanziano aspetti previsti dalla legge che non è stata discussa e, quindi, neppure approvata, inserendo non solo la lotta alle discriminazioni basate sull'orientamento sessuale (principio già previsto dalla legge e dalle direttive europee), ma anche l'identità di genere che era il pomo della discordia del ddl Zan”. Ed è proprio su quest'ultimo punto che è saltato il banco della maggioranza perché “l'identità di genere, concepita dal disegno di legge e dalla dottrina gender, è un'identità auto-percepita, mutevole e fluida”. “Essendo una questione fluida e auto-percepita, non c'è una definizione esatta di ciò che può configurarsi come reato di discriminazione o istigazione alla discriminazione o di istigazione all'atto violento basato su una discriminazione dettata dall'orientamento sessuale”, spiega ancora la Rauti che, poi, sottolinea: “Secondo i principi contenuti nel ddl Zan, quindi, spetterebbe al giudice decidere cosa si configura come fattispecie di reato e cosa no.
Un giudice, quindi,dovrebbe stabilire quale idea sia idonea e quale no e questo mina la libertà d'espressione costituzionalmente garantita”. In conclusione, secondo la senatrice di FdI, “questa pioggia di soldi non si spiega di fronte al fatto che non si sa quale funzione dovrebbero svolgere esattamente questi centri e chi e come dovrebbero sostenere”.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.