Un patto per mantenere gli equilibri criminali a Ostia, evitando una guerra tra fazioni. Fabrizio Piscitelli, alias Diabolik, il capo ultrà ucciso il 7 agosto 2019 a Roma nel Parco degli Acquedotti, venti mesi prima di morire si era seduto a un tavolo con Salvatore Casamonica, esponente di spicco dell'omonimo clan per fare da garante insieme a lui di una pace da siglare tra gli Spada, famiglia egemone di Ostia e il gruppo di Marco Esposito, detto «Barboncino». Trait d'union, l'avvocato Lucia Gargano, che conosceva bene gli Spada ed era legale di fiducia di Piscitelli, oltre a essere l'unica ad avere libertà di movimento in Tribunale e nelle carceri.
È un quadro inquietante quello tratteggiato dall'inchiesta «Tom Hagen»a dei finanzieri di Roma, che hanno eseguito un'ordinanza di custodia cautelare a carico di Salvatore Casamonica, già in carcere per 41 bis, e della Gargano, finita ai domiciliari. Entrambi sono indagati per concorso esterno in associazione per delinquere di stampo mafioso. Si sarebbero resi protagonisti, insieme a Diabolik, del patto per evitare una guerra a Ostia, che non avrebbe fatto bene a nessuno. È messo tutto nero su bianco in un'ordinanza di 21 pagine firmata dal gip Corrado Cappiello. Un fermo immagine perfetto di un «momento storico» della mala del litorale, con gli Spada, colpiti da arresti «pesanti», e gli uomini di «Barboncino» che, approfittando della loro debolezza, miravano a prendersi il litorale a colpi atti intimidatori.
Piscitelli e Casamonica, secondo le indagini condotte dai pm della Dda di Roma guidati dal procuratore facente funzioni Michele Prestipino, avevano iniziato già a novembre a pianificare la pace per conservare la «capacità operativa» degli Spada. E il 13 dicembre 2017 si erano incontrati in un ristorante di Grottaferrata alla presenza dell'avvocato Gargano, come hanno accertato i finanzieri sotto copertura.
Le intercettazioni del Gico non lasciano dubbi sul ruolo di Piscitelli, che curava gli interessi di Esposito e quello di Casamonica, che rappresentava gli Spada. «Ti ripeto Fabrì sappi che io e te ci stiamo mettendo in mezzo per fare da garanti eh!», diceva Casamonica. «Sui miei ti metto tutte e due le mani sul fuoco... Il sì deve essere sì e il no deve essere no!», ribadiva Diabolik. «Però poi devono fare i bravi davvero», ripeteva Casamonica. Per poi aggiungere, conciliante: «Sì sì vabbè dai risolviamo questa cosa! Anche perchè poi... non conviene a nessuno penso io, no Fabrì?». La presenza della legale non era casuale». «Gliene hai parlato?», chiede Piscitelli alla Gargano, riferenosi a Spada. E lei confermava di averne «parlato con Romolo» che per gli inquirenti è Carmine Spada, al tempo sottoposto a obbligo di dimora nella capitale.
Dopo quel patto gli scontri sul litorale sono cessati, ma nell'ambiente criminale romano della vicenda si è continuato a parlare. Se ne trovano tracce nell'ordinanza di custodia cautelare relativa all'operazione «Maverik», che il legale legge con preoccupazione a un conoscente non meglio identificato. In quelle pagine spiccano ai suoi occhi frasi di Fabio Di Francesco che, parlando di «Barboncino», racconta come solo l'intervento pacificatore di Piscitelli avesse potuto mettere fine alla faida destinata, altrimenti, a mietere molte vittime: «Romoletto gliel'hanno apparato Diabolik e Fabietti. Perché (Marco Esposito) se stava a cacà in mano».
La lettura delle intercettazioni mette in agitazione però la professionista, che afferma: «Mò riarresteranno pure il mio povero Diabolik». E, consapevole del proprio ruolo, chiede: «secondo te mi arrestano? Sicuramente mi indagano».
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