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Platini non si candida, ma è in corsa Aspetta la chiamata per salvare il calcio

L'Uefa su Blatter: "Decisione difficile, coraggiosa, giusta"

Platini non si candida, ma è in corsa Aspetta la chiamata per salvare il calcio

Michel Platini punta alla successione di Blatter ma non ha intenzione di candidarsi. Dopo gli schiaffi presi da Blatter ora vuole essere invocato come salvatore della patria da tutte le componenti del calcio mondiale. E nel giorno delle dimissioni del presidente, definisce «difficile, coraggiosa, giusta» la sua decisione. Decisione difficile perché a sole 48 ore dall'elezione il presidente della Fifa ha voluto ripensarci, fermarsi, spiazzando gli avversari, nemici, rivali, concorrenti. Coraggiosa perché in questo momento, alla luce delle indagini dell'Fbi e degli sviluppi clamorosi che vengono annunciate dalla stessa polizia federale americana per le prossime ore, ci vuole davvero coraggio, direi meglio «azzardo», a mettere a disposizione il mandato appena ricevuto, creando confusione, imbarazzo e preoccupazione tra i suoi stessi elettori. Infine la decisione è giusta, perché questo era il suggerimento che lo stesso Platini aveva dato a Blatter nelle ore che avevano preceduto l'elezione, una sorta di avviso al navigante. Giusta perché questa avrebbe dovuto essere la soluzione migliore per l'organizzazione calcistica mondiale e, al tempo stesso, un'uscita dignitosa e coerente per il colonnello in pensione dell'esercito svizzero. Il quale quattro anni fa aveva annunciato e promesso allo stesso Platini che non si sarebbe ricandidato, secondo statuto per poi cambiare statuto e idea e dunque assicurandosi la quinta poltrona consecutiva. Giusto sa di sentenza, di ghigliottina, di soddisfazione delle tricoteuses dinanzi alla testa che rotola.

Non è la riforma, come lo stesso Blatter ha più volte annunciato nei suoi programmi elettorali e ribadito nell'ultimo congresso. È la rivoluzione, è la svolta ma che non può essere letta soltanto come un atto dovuto, un annuncio a sorpresa. L'Uefa sa di pesare con la propria storia, i titoli conquistati nei mondiali, la propria presenza finanziaria.

Michel Platini era pronto, alla vigilia della finale di Champions League che si giocherà sabato sera a Berlino, ad annunciare una decisione altrettanto clamorosa, difficile, coraggiosa e giusta, anche questa. L'Europa del football vuole contare di più, l'Europa di Platini vuole vederci chiaro nei conti non soltanto nelle strategie. Platini sa di avere un potere calcistico altrettanto forte come quello del suo sodale svizzero.

Probabilmente lo stesso Platini, come Blatter, verrà ascoltato dagli inquirenti, come persona informata dai fatti ma l'Fbi sta lavorando al cuore della Fifa e Uefa attende di vedere come andrà a finire questa storia crudele e spettacolare. Quarant'anni di Blatter non finiscono in una sera di giugno. Quarant'anni di Blatter potrebbero avere un nuovo capitolo, un nuovo colpo di scena. Platini sarà il suo rede ma non oggi. Il principe giordano Ali bin Al Hussein si rialza e presenta di nuovo la sua candidatura. Era il cavallo di Troia che ha spaventato la Fifa ma è stata l'Fbi a terrorizzarla. Il principe si era ritirato, così come il re ieri ha annunciato la resa. Conoscendo la sua astuzia suggerirei la prudenza. È capace di risorgere dalle ceneri di un'inchiesta che sta lasciando feriti in ogni parte del mondo calcistico e finanziario. Saranno mesi di lotte sotto traccia. Sabato, a Berlino, l'Uefa potrà guardarsi allo specchio, davanti a 200 milioni di spettatori.

Ma molti penseranno al grande assente.

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