Il pm «spara» sui vertici della polizia E il Csm corre pure a proteggerlo

Tra i diritti inalienabili di un magistrato, garantiti dalla Costituzione, a quanto pare c'è anche quello di insultare un morto; di dare del delinquente a un servitore dello Stato che non può più difendersi. Così il Consiglio superiore della magistratura si prepara a insorgere a difesa di Enrico Zucca, sostituto procuratore generale a Genova, che pochi giorni fa, alle sei del pomeriggio (orario in cui gli italiani di solito sono in ufficio a lavorare, peraltro) è andato in un dibattito e ha sparato a zero sulla Polizia di Stato, dicendo che in fondo è sempre quella delle violenza al G8, e che quindi è inevitabile che si ripetano altre Diaz e altri Bolzaneto. E ha lanciato accuse al vetriolo non solo contro Gianni De Gennaro, ex capo della polizia e oggi presidente di Finmeccanica, ma anche contro il suo successore Antonio Manganelli, che difendersi non può più, ma che da vivo nessuno si è mai sognato di incriminare. E che Zucca accusa di avere protetto i responsabili delle violenze nelle caserme genovesi.

Tutto normale, tutto lecito? A quanto pare sì. Poche ore dopo che le esternazioni di Zucca erano finite sui siti Internet, il capo della Polizia Alessandro Pansa e il ministro degli Interni Alfano si erano chiesti se non esistevano gli estremi per un procedimento disciplinare a carico del magistrato genovese. Ma il Consiglio superiore della magistratura invece di incriminare Zucca scende in campo a sua difesa: ieri i consiglieri del Csm Ercole Aprile e Antonello Ardituro scendono in campo affianco al collega, chiedendo che il consiglio apra una «pratica a tutela» del sostituto pg, esponente storico di Magistratura Democratica. Secondo Aprile e Ardituro i dubbi sulla correttezza di Zucca costituiscono nientemeno che «una lesione del prestigio e dell''indipendenza della giurisdizione, tale da determinare un turbamento alla credibilità della funzione giudiziaria». A mettere in rischio la credibilità della magistratura, insomma, non è un magistrato che infanga i morti ma chi critica il suo operato.

Secondo Zucca, che sostenne il ruolo di pubblico ministero nei processi ai funzionari di polizia incriminati e condannati per le violenze al G8, il comportamento dei vertici della polizia fu un caso di «perversione

istituzionale per trarne giovamento in termini ci carriera». «Gianni de Gennaro, poi Antonio Manganelli, quindi i suoi successori: sono loro che hanno impunemente violato il dovere di sospendere e rimuovere i funzionari condannati».

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