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Ponte, lo stop blocca la Sicilia e costa 60 miliardi all'Italia

L'isola, staccata dal Continente, perde 10 miliardi di Pil. Il Paese soffre 6 volte tanto per l'Alta velocità incompleta

Ponte, lo stop blocca la Sicilia e costa 60 miliardi all'Italia

Essere un'isola, pur distando poco più di 3 chilometri dal Continente, è un costo che la Sicilia non vuole più pagare. L'«insularità», ossia la condizione di permanente separatezza dal resto dell'Italia, pesa per 6,54 miliardi l'anno, pari al 7,4% del Pil regionale. È quanto emerge dal report «Stima dei costi dell'insularità della Sicilia» pubblicato dal governatore Nello Musumeci e dal vicepresidente e assessore all'Economia Gaetano Armao. Il sottinteso è molto semplice: il Ponte sullo Stretto è una necessità più che mai vitale.

I parametri adottati dagli uffici regionali con la collaborazione dell'Istituto Bruno Leoni e di Prometeia si basano su modelli econometrici che misurano i maggiori costi di trasporto di persone e merci. Tale indicatore evidenzia che la Sicilia registra il costo medio più alto sia in Italia (150,8% della media nazionale) che rispetto all'Europa a 28. Questa condizione determina una perdita di Pil regionale di 10,6 miliardi annui (11,9% del totale). La cifra, infatti, comprende anche la minore competitività dell'export siculo causata proprio dai maggiori costi per muovere beni e servizi.

Ne consegue che l'«attraversamento stabile dello Stretto di Messina» (eufemismo per indicare il Ponte) è imprescindibile per garantire «ampia e articolata connessione con il resto d'Italia e dell'Europa» a una regione di 4,9 milioni di abitanti «mortificata dalla scarsa qualità delle infrastrutture di collegamento», conclude il report denunciando l'allargarsi del divario socio-economico. Ovviamente, bisognerà attendere il nuovo studio di fattibilità di Rete Ferroviaria Italiana prima che il ministro delle Infrastrutture, Enrico Giovannini, si pronunci definitivamente. E pensare, come ha ricordato qualche tempo fa l'Ance di Messina (la locale associazione dei costruttori edili) che il lascito della legge Obiettivo con relativa aggiudicazione dell'opera ne renderebbe la realizzazione immediatamente fattibile, senza nemmeno (per assurdo) bisogno di passare dal Pnrr perché il collegamento, il cui costo è stimato in 6 miliardi di euro, rientra nei progetti finanziabili dal Fondi di coesione Ue e dal Fondo per le reti Ten-T.

Commettono un errore coloro che derubricano il Ponte sullo Stretto a una questione meramente locale perché non è solo la Sicilia a rimetterci in questa vicenda, ma tutto il Paese. Una ricerca dell'Università Federico II di Napoli pubblicata nel 2020 ha quantificato il 60 miliardi di euro il beneficio in termini di maggiore crescita annua del Pil derivante dal completamento dell'Alta Velocità. Senza il Ponte, infatti, perdono di efficacia non solo i collegamenti Salerno-Reggio Calabria, Napoli-Bari e Palermo-Catania, previsti dal nostro Recovery Plan, ma anche il «cuore» della rete futura che si sostanzia nella Torino-Venezia (ancora da ultimare) e nella Napoli-Milano. E tutto questo, sulla base dei dati storici. Nel periodo 2008-2018 la Tav ha contribuito per un 3% annuo di Pil (circa 58 miliardi) alla crescita del Paese. Cosa significa? Che senza l'alta velocità il Paese avrebbe subito un declino ben peggiore di quello attraversato durante la grande crisi.

Lo stesso declino al quale è condannata la Sicilia senza il Ponte.

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