Roma«Se qualcuno, chiunque sia o comunque si chiami, ha utilizzato informazioni riservate, io stesso chiederò un'indagine rigorosa alla Consob e ad altri, così che pagherà fino all'ultimo centesimo e all'ultimo giorno». Matteo Renzi è un vero artista della comunicazione. Come un istrione, martedì scorso a Porta a porta , ha recitato la parte dell'indignato dinanzi ai sospetti di insider trading sui titoli delle banche popolari quotate prima e dopo l'annuncio del decreto del governo che obbliga le maggiori a trasformarsi da cooperative in spa.
Eppure Renzi ha commesso un errore. Avrebbe potuto affermare di non essere a conoscenza di irregolarità e di aver voluto intervenire esclusivamente per superare «un modello di banca molto legato a interessi territoriali perché una parte di banche locali ha combinato pasticci». Il premier, invece, ha aggiunto qualche parola di troppo, quasi a voler mettere le mani avanti, quasi vi fosse il rischio che qualcuno del suo «giglio magico» possa essere beccato con le mani nella marmellata. Basta dare un'occhiata alle quotazioni di Piazza Affari per vedere che non si sta parlando di bruscolini. Ieri la Popolare dell'Emilia Romagna ha guadagnato oltre il 4%, il Banco Popolare il 3, la Popolare di Milano l'1,7 e BancaEtruria più dell'8. Se si guardano le performance dell'ultimo mese, l'istituto modenese ha incrementato il proprio valore del 22% circa, il Banco di un quarto, la popolare meneghina del 35% e l'omologa aretina del 47,5 per cento. Non fa specie, perciò, che ieri Forza Italia e M5S abbiano chiesto al ministro per le Riforme, Maria Elena Boschi, di non partecipare alla conferenza dei capigruppo per incardinare la discussione del decreto in virtù del suo potenziale conflitto di interesse: il padre è vicepresidente di BancaEtruria.
C'è un'altra considerazione da aggiungere: perché Renzi ha fatto riferimento a «un'indagine rigorosa della Consob» quando sono ormai due settimane che la commissione guidata da Giuseppe Vegas sta vagliando gli acquisti sui titoli delle popolari? Rispondere a queste domande è un po' più complicato, ma basta risalire alle recenti dichiarazioni della responsabile divisione Mercati della Consob, Maria Antonietta Scopelliti, per svelare l'arcano. I tempi dell'investigazione, ha detto, sono «nell'ordine di grandezza di almeno sei mesi e più» perché sono coinvolti «intermediari italiani ed esteri» e quando «c'è di mezzo la cooperazione internazionale» le procedure non sono mai brevi in quanto «c'è la necessità di arrivare ai beneficiari finali delle operazioni». Insomma, il premier, oggi, può dire qualsiasi cosa senza tema di essere smentito nel breve. Nel lungo termine, molti avranno dimenticato già la vicenda, probabilmente.
Ma quando si parla di intermediari esteri il pensiero non può non correre al creatore del Fondo Algebris nonché renziano della prima ora, Davide Serra. Dinanzi alle provocazioni di Sel ieri, il manager ha risposto per le rime su Twitter. «Dal marzo 2014 ha una posizione importante, inferiore al 2%, in una banca popolare italiana (in aumento di capitale)», ha scritto. Gli indizi portano al Banco Popolare che l'anno scorso effettuò un aumento di capitale per rafforzare il proprio patrimonio.
L'ingresso in sede di aumento dovrebbe dissolvere i sospetti circa la presunta consapevolezza degli intenti renziani da parte di Serra in quanto «Algebris ha investito sin dalla sua nascita, nel 2006, nel settore bancario italiano». Non tutti i fedelissimi del premier potrebbero, però, aver fatto lo stesso sapendo in anticipo che rendere le popolari contendibili avrebbe scatenato gli acquisti.