Prima la capriola, poi la scivolata. E infine il rattoppo, che forse non basterà a nascondere lo strappo. Rapida ma non indolore, la due giorni del Movimento 5 Stelle. Alle prese con il cambio di rotta europeo imposto da Beppe Grillo, che prima di chiamare al voto il popolo pentastellato ha indicato la (sua) retta via: voltare le spalle al gruppo euroscettico Efdd e all'ex alleato Nigel Farage per unirsi all'Alde, gruppo liberale e talmente europeista da essere il riferimento dell'ex mister Rigore, Mario Monti.
La base a quel punto si arrabbia, e pure tanto. Non solo perché la votazione arriva senza preavvisi di sorta, ma anche perché l'endorsement pro-Alde di Grillo sembra non trovare d'accordo molti militanti storici del Movimento. E come ciliegina sulla torta, alla fine viene fuori che l'accordo con l'eurogruppo liberaldemocratico - finalizzato esplicitamente ad aumentare il «peso specifico» del M5S in Europa - era già stato raggiunto il 6 gennaio, ben prima dell'annuncio delle votazioni da parte del leader. Tant'è, la chiamata al voto non si ferma. E tra domenica e ieri a mezzogiorno sono in quarantamila (circa un terzo degli aventi diritto) a dire la loro nell'urna digitale. L'esito vede prevalere la linea dell'ex comico, con più del 78 per cento dei votanti che benedicono lo strano matrimonio con l'Alde.
Tutto risolto? No. Intanto perché, a onta del risultato, la base del Movimento più che mai strilla e impreca sui social, sia contro i big del direttorio che contro lo stesso Grillo. Così se Luigi Di Maio su Facebook indulge nel rimarcare che non c'è «spaccatura» nel M5S ma solo «decisioni partecipate», a smentirlo arrivano i commenti al suo post. Qualcuno parla di «porcata», molti criticano il metodo e la tempistica, diversi definiscono la giravolta «ignobile», minacciando di andarsene dal Movimento e rimarcando come le posizioni dei partiti presenti nell'Alde siano spesso agli antipodi rispetto alle politiche europee del M5S. A complicare le cose, poche ore più tardi, arriva la doccia fredda da Bruxelles, quando il capogruppo dell'Alde Guy Verhofstadt si rimangia l'accordo per la mancanza di un «sufficiente terreno comune» tra gli Aldini e i Pentastellati.
La figuraccia è fatta, ma Grillo non va a infilarsi la testa nella sabbia. Anzi. Ripesca a tempo di record il totem antisistema del suo Movimento, senza curarsi d'essere appena andato lui a bussare, almeno in Europa, proprio alle porte del sistema. E annuncia sul blog che l'accordo è carta straccia proprio perché «l'establishment» è «contro il MoVimento 5 Stelle». «Abbiamo fatto tremare il sistema come mai prima», scrive compiaciuto Grillo, sorvolando sui motivi da realpolitik che fino a un minuto prima gli avevano fatto caldeggiare il nuovo corso per «contare di più». E infatti tanti fedelissimi questa lettura così autocompiacente non riescono a mandarla giù.
La reazione è uno sfogo di rabbia sul blog del capo per l'«alleanza innaturale», per la «pagliacciata», o più prosaicamente per l'«enorme figura di m...». Che qualcuno riassume in una domanda all'ex comico: «Che l'establishment è contro il M5S lo sapevamo già, quindi perché ci volevate entrare?».
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.