Un post di troppo ti stronca la carriera: quei politici impigliati nella rete dei social

Insulti, razzismo, antisemitismo, omofobia. E lo scivolone diventa fatale

Un post di troppo ti stronca la carriera: quei politici impigliati nella rete dei social

Il quarto d'ora di celebrità vaticinato da Andy Wharol sarebbe stato, probabilmente «colpa» della televisione. Ah, se il maestro della Pop Art avesse saputo dei social network... Perché da quando Facebook e Twitter spopolano quel quarto d'ora più che di celebrità è diventato di fama temporanea. Magari condito da polemiche e figuracce, specie quando a postare e cinguettare sono i politici. In tanti ci sono cascati, alcuni di primo piano, moltissimi sconosciuti. Almeno fino allo scivolone social che li ha portati alla ribalta. Già perché parlamentari, assessori, consiglieri di secondo piano, con scarse possibilità di far sentire la propria voce sui media tradizionali, possono sfruttare i social per ottenere visibilità. Ma l'autogol è dietro l'angolo.

L'ultimo episodio ha coinvolto il capogruppo della lista Toti a La Spezia Fabio Cenerini, autore di una recensione su Tripadvisor in cui contestava la presenza di una cameriera di colore in una tipica malga del Trentino. Niente razzismo, solo contestualizzazione ma le polemiche lo hanno travolto. Come capitato ad Antonio Funciello, portavoce del ministro Luca Lotti che per criticare la sindaco di Torino Chiara Appendino scrisse su Twitter: «Chiara Appendino? Bocconiana come Sara Tommasi», riferendosi alla showgirl laureata al prestigioso ateneo ma più celebre per il suo fisico che per le sue doti. Polemiche, critiche e inevitabile retromarcia con tanto di scuse di circostanza. Scuse che non sono bastate a Saverio Siorini, ormai ex coordinatore di Noi con Salvini a San Giovanni Rotondo, che dopo il tragico stupro di Rimini dei giorni scorsi se ne è uscito con un post in cui chiedeva: «Ma alla Boldrini e alle donne del Pd, quando dovrà succedere?». Anche per lui un attimo di celebrità, proteste, polemiche e poi l'espulsione dal movimento. Nella bufera è finito anche Diego Urbisaglia, consigliere comunale e provinciale del Pd ad Ancona. «Se in quella camionetta ci fosse stato mio figlio, gli avrei detto di prendere bene la mira e sparare», ha scritto nell'anniversario della morte di Carlo Giuliani durante il G8 di Genova del 2001. «C'era in ballo la vita, estintore contro pistola. Non mi mancherai Carlo Giuliani», ha aggiunto, finendo per essere applaudito dagli avversari politici ma distrutto dai propri compagni. Nel mirino, suo malgrado, anche Silvio Berlusconi, vittima di un post di (doppio) pessimo gusto della consigliera comunale di Rifondazione comunista a Guspini, in Sardegna, Roberta Uccheddu. Subito dopo la morte del parlamentare leghista Gianluca Buonanno, Berlusconi viene ricoverato in ospedale e la consigliera scrive: «Sarebbe davvero un Buonanno se anche Berlusconi seguisse a ruota». Incommentabile. Così come la figuraccia di Andrea Tosatto, attivista M5s e coautore dell'inno del partito, che prima del referendum costituzionale scrisse a proposito del cantante Andrea Bocelli che aveva appoggiato il «Sì»: «Bocelli vota Sì: avrà letto la riforma o di Renzi si fida ciecamente?».

Non solo consiglieri di provincia, anche parlamentari scivolano sul web.

Se Luigi Di Maio e i colleghi grillini sono maestri della gaffe, se Maurizio Gasparri spesso eccede in improperi e scivoloni e Antonio Razzi è il maestro della burla, Massimo Corsaro, fittiano con un passato in An, per criticare il collega del Pd Emanuele Fiano pubblica una sua foto e scrive: «Le sopracciglia le porta così per coprire i segni della circoncisione», alludendo alla fede ebraica di Fiano e scivolando nel becero antisemitismo.

Tra gaffe, scivoloni e carriere rovinate, ogni volta che un politico usa i social network da qualche parte un esperto di comunicazione si frega le mani e attende un ingaggio.

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