Poveri cavalli da corsa ma non giriamo la testa se la vittima è umana

La fine di Raol al Palio indigna gli animalisti Che ignorano la donna travolta da una vacca

Poveri cavalli da corsa ma non giriamo la testa se la vittima è umana

Questo è un pezzo pericoloso. Si parla di morti, di feriti, di quelle bestie degli uomini, di quei quasi umani delle bestie e di come noi raccontiamo gli uni e le altre. È un pezzo pericoloso e nemmeno facile. Ci proviamo.

Dunque. Come probabilmente non avete potuto fare a meno di sapere, sabato scorso, nel corso di un'edizione straordinaria e ottobrina del Palio di Siena (che per tradizione si svolge ogni anno due volte, il 2 luglio e il 16 agosto) dedicata al centenario della fine della Prima guerra mondiale, un cavallo di nome Raol, un sauro di otto anni al servizio della contrada della Giraffa, è scivolato affrontando una curva a perdifiato, si è fatto male alla zampa anteriore destra ed è stato abbattuto.

Come invece probabilmente non avrete saputo, ieri, poche ore dopo l'incidente di Siena, a Saint-Christophe, una frazione alle porte di Aosta, nel corso della meno nota Batailles des Reines, che comunque richiama nella valle qualche migliaio di appassionati, e in cui vacche di razza pezzata si sfidano a cornate, un'allevatrice - un'umana di anni 51 di nome Ines Savoretti, di Doues - è stata travolta dalla sua bovina di nome Ardita, di 630 chili, ed è stata ricoverata in prognosi riservata all'ospedale Parini di Aosta.

Le due notizie hanno molte cose in comune e alcune differenze, tutte molto significative. Di comune c'è il fatto che in entrambi i casi degli animali sono utilizzati da noi uomini per il nostro diletto, con la scusa primaria delle tradizioni e delle radici ma con l'effetto niente affatto secondario dei soldini garantiti dall'indotto turistico generato dagli stessi eventi. Altra cosa in comune, il fatto che entrambi gli animali - il cavallo e la mucca - sono incoraggiati in queste occasioni a fare qualcosa che è nella loro natura: nel primo caso correre a rotta di collo, possibilmente senza un bipede come zaino - e infatti cercano di scrollarselo di dosso appena possibile -; nel secondo caso combattere tra loro, cosa che i possenti bovini fanno spontaneamente durante la mescolanza all'interno di una stessa mandria o di più mandrie, come ad esempio durante l'alpeggio, scegliendosi peraltro in modo naturale il proprio avversario. Quello che è meno naturale è il clima di esasperata competitività indotto dagli uomini per mere ragioni di spettacolo. Chiunque abbia visto in tv la selvaggia carriera senese di sabato, con fantini sbalzati via o schiantati contro le paratie, cavalli caduti e travolti, oppure a correre tra la folla sbrigliati e indomabili, capisce a cosa ci riferiamo.

Fin qui le somiglianze. Poi ci sono le differenze. E la prima balza agli occhi subito: a Siena il prezzo più alto lo ha pagato un cavallo, ucciso nella costernazione generale; alle porte di Aosta, invece, è stata una donna a finire grave in ospedale. Probabilmente se la caverà, ma immaginiamo quanti amici e parenti siano in queste ore in angustie per lei. Mentre per Raol si sono mobilitate le peraltro commendevoli elette schiere degli animalisti, che si sono subito chiesti se fosse proprio necessario prevedere un terzo appuntamento annuale con quello che secondo loro equivale a una mattanza, loro che già da anni chiedono che il Palio venga cancellato dal calendario punto e basta.

Eccola, l'altra differenza. Di Raol si è parlato tantissimo, ieri mattina era su tutti i giornali, domenica la sua storia è stata raccontata con servizi su tutti i tg. La vicenda della povera Ines invece è finita solo sulle edizioni locali aostane dei quotidiani.

Certamente ciò in parte dipende dalla differente copertura mediatica dei due eventi: diretta tv per Siena, al massimo qualche video con l'iPhone ad Aosta. Ma un po' dipende dal nostro talento a commuoverci più per un allevato a quattro zampe che per un'allevatrice con due.

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